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giovedì 11 marzo 2021

Dal Vangelo - Videro dove dimorava e rimasero con lui.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI 
( 1,35-42 )


Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà




PREGHIERA DEL MATTINO

Signore Gesù, ti prego: fa' che oggi ti incontri sulla mia strada; fa' che il tuo amore mi cambi; fa' che ti segua ovunque tu mi conduci; fa' che comunichi agli altri la letizia e la speranza che tu fai sorgere in me. Donami di essere docile alla tua chiamata. Donami di risponderti con tutte le forze, senza riserve e per sempre.



PRIMA LETTURA

Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

Dal primo libro di Samuele 1Sam 3,3b-10.19

In quei giorni, Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

Parola di Dio.


 

SECONDA LETTURA

I vostri corpi sono membra di Cristo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1Cor 6,13c-15a.17-20

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Parola di Dio.




CANTO AL VANGELO (Gv 1,41.17b)

R. Alleluia, alleluia.
"Abbiamo trovato il Messia":
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
R. Alleluia.




VANGELO

Videro dove dimorava e rimasero con lui.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Parola del Signore.

 

OMELIA


Come esseri umani e ancor più come credenti dovremmo orientare tutta la nostra vita in una continua, assidua ed incessante ricerca di Dio. Trovarlo e conoscerlo dovrebbe essere lo scopo primario della nostra vita. Dal Vangelo e da tutta la scrittura sacra apprendiamo che prima ancora che noi ci muoviamo verso di Lui, egli è già alla nostra ricerca. Gesù, additato da Giovanni battista come l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo, suscita immediatamente l'attenzione di uno dei discepoli del battezzatore. È Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli si mette senza esitazione alla sequela di Cristo. Ha creduto alla testimonianza del suo primo maestro ed è sicuro ormai che l'Agnello di Dio e il Messia atteso. La buona notizia, il felice incontro non può essere taciuto; il neodiscepolo si trasforma subito in testimone. Incontra il fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia che significa Cristo e lo condusse da Gesù». Ecco un bell'esempio per ognuno di noi che ci diciamo cristiani: dopo aver incontrato e conosciuto Cristo dobbiamo impegnarci attivamente con la genuinità della nostra testimonianza, a condurre da lui i nostri fratelli. Questa è la vocazione del credente: assumere gli insegnamenti del Signore, viverli coerentemente, farli diventare testimonianza ed esempio per gli altri. Non basta quindi dire «Eccomi, Signore, parla che il tuo servo ti ascolta» come afferma Samuele, chiamato dal Signore, occorre che dopo la chiamata orienti tutta la vita in conformità all'invito ricevuto. Una delle più belle espressioni della nostra fede, una delle migliori conseguenze derivanti dall'aver trovato Cristo, è proprio l'impegno di farlo conoscere ad altri. Per secoli la chiesa ha intessuto una splendida catena di trasmissione mediante la quale, dagli apostoli fino a nostri giorni, il messaggio di Cristo si è diffuso e si diffonde ancora in tutto il mondo. Quando questa catena s'inceppa ne soffre la chiesa, che viene così meno al suo primario dovere di essere missionaria con tutti i suoi membri. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha fatto riscoprire questo ruolo anche ai laici, chiedendo loro un apporto più incisivo nella vita della chiesa. Forse per troppo tempo l'annuncio è stato ritenuto una prerogativa quasi esclusiva dei preti e dei religiosi. La chiesa ha urgente bisogno di testimoni autentici e numerosi e nessun fedele può ritenersi dispensato o escluso.

(Padri Silvestrini)





PREGHIERA


Concedi a noi tuoi fedeli, Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri perché, ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio, si compie l'opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore.


Giovanni Battista vide Gesù e disse: "Ecco l'Agnello di Dio!". E i discepoli seguirono Gesù. (Gv 1,36-37)

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l'unico pane di vita formiamo un cuor solo e un'anima sola. Per Cristo nostro Signore.


MEDITAZIONE


Questa domenica, la parola di Dio ci fa percepire le armoniche della nostra salvezza: la Chiesa, tempio e corpo di Cristo; Cristo stesso dimora di Dio; noi stessi, esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio, templi dello Spirito nel nostro corpo mortale. Da questo triplice mistero della dimora di Dio fra gli uomini nella Chiesa, in Cristo, nel nostro corpo, riceviamo una luce su una questione decisiva per la nostra epoca, la cui attualità non vi sfuggirà: Che cos'è, in fondo, l'uomo? Che cos'è un uomo nella sua condizione corporale? Oggi che il nostro grande sapere e potere sulla genetica umana ci fanno brancolare nel buio, come ciechi, perché non sappiamo più che cosa, in questo ammasso di carne che l'uomo manipola e domina, sia umano e che cosa non lo sia. Oggi che i progressi dell'intelligenza umana nella comprensione della sua condizione pongono interrogativi inquietanti. Oggi che la luce divina sulla condizione umana è indispensabile per salvare ciò che deve essere salvato della dignità dell'uomo e della sua esistenza. La Chiesa, Cristo, l'uomo e il suo corpo si richiamano l'un l'altro. Ne sono convinto: il modo in cui oggi trattiamo la Chiesa è il segno del modo in cui oggi trattiamo Cristo; e il modo in cui trattiamo Cristo è la prova della maniera in cui trattiamo noi stessi. L'ultima frase che ho letto dal Vangelo, la dichiarazione di Gesù a Simone, figlio di Giovanni, mi spinge a partire da questa considerazione. Gesù, fin da questo primo incontro, si associa nel suo compito, nella sua missione, i suoi compagni e li sceglie senza indugio. Cambia il nome di Simone e gli impone il nome aramaico "Cefa", Pietro. In quel momento Gesù riceve dal Padre suo la "pietra" di fondazione del tempio spirituale, della dimora di Dio promessa al compimento dei tempi. Idea e immagine costanti nell'Antico Testamento e nel messaggio di Gesù. Si tratta di un tempio vivente, fatto di "pietre vive", perché siamo noi a costituirlo. La sua unità, pienezza e coesione, è realizzata dallo Spirito Santo che ci ha scelti e che non solo ci dà la coesione di un edificio, l'entità di un corpo unito, ma fa di noi tutti il tempio vivente e santo di Dio. La Chiesa è questa costruzione fondata sugli apostoli, le dodici colonne della Chiesa, come dicono le Scritture (Gal 2,9) ed è il luogo in cui dimora la gloria di Dio. Ormai, nessun edificio umano avrà la stessa grandezza, la stessa pienezza, la stessa storia della nuova dimora edificata dallo Spirito Santo. Perché i templi, anche il Tempio santo di Gerusalemme, dove risiede la gloria di Dio al di sopra dei cherubini, secondo la visione del profeta Isaia, questi templi costruiti dalla mano dell'uomo sono, per definizione, templi finiti la cui perfezione stessa è riflesso dell'intelligenza umana, che non può concepire le cose se non a sua misura. Questo edificio in cui ci troviamo, e che ha una sua bellezza affascinante, la riceve in parte dal fatto che la nostra intelligenza, spinta al di là dei nostri sguardi, trova intuitivamente, proprio in questo spazio limitato, la sicurezza di uno spazio che abbiamo costruito noi, e che noi possiamo delimitare in quanto non fissato per sempre, anche se i limiti stimolano indefinitivamente la nostra sensibilità e se, ad ogni passo, ad ogni sguardo, intravediamo sempre nuovi aspetti. Ora, caratteristica peculiare del tempio che Dio costruisce con quelle pietre viventi che sono le nostre vite, è il fatto che nessuno può farne il progetto se non Dio stesso; nessuno può dargli coesione se non lo Spirito che vi dimora. La sua costruzione sarà terminata solo al termine della storia; poiché si aggiungono sempre nuove pietre. Al punto che questo edificio è paragonato a un corpo in crescita; al punto che, corpo costituito da uomini che fanno parte di questa creazione, esso ottiene la sua perfezione dall'amore infinito di Dio che lo abita e lo costruisce. Non ha nessun'altra misura se non il progetto dell'amore infinito. Al punto che lo splendore del tempio spirituale, "non costruito dalla mano dell'uomo", che è la Chiesa, ci sfugge, mentre di un edificio di pietra percepiamo la bellezza con i nostri occhi, le nostre mani, i nostri sensi. Infatti questo tempio comprende non solo gli uomini che sono oggi sulla terra, ma anche, altrettanto vivi e presenti, tutti quelli che, innumerevoli e sconosciuti, sono stati presi dalla morte e vivono con Cristo. Altrettanto presenti e, anzi, per il peso della loro vita e del loro amore, ancora più presenti degli esseri che oggi affollano questo suolo e parlano con una voce umana. Esso comprende infine, nella speranza, la folla immensa degli uomini e delle donne che Dio ama e che, al di là di quello che possiamo saperne, egli chiama e riunisce per costituire questo tempio spirituale che è la Chiesa, vera e propria dimora di Dio. Così, a partire da questo episodio narrato dal Vangelo di san Giovanni, i discepoli vengono ad abitare con Cristo, nella casa di Cristo, la cui dimora è il tempio di Dio, la casa di suo Padre. Ora, la maniera stessa in cui noi, cristiani, consideriamo il tempio spirituale che Cristo riceve e che Dio costruisce con le pietre viventi, che siamo noi, per costruire la Chiesa, ci permette di essere testimoni di una realtà ancora più concreta: il tempio che è il "corpo di Gesù". Perché, secondo un'altra immagine usata da Cristo, noi costituiamo il suo corpo. San Giovanni ce lo fa capire quando ci riferisce, prima della passione, questa sfida enigmatica di Gesù davanti al tempio di Gerusalemme: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2,19). Proposito provocatorio e assurdo alle orecchie dei suoi uditori, incomprensibile - almeno nell'immediato - per i discepoli; dice infatti l'evangelista: "Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù". Egli parlava dunque del suo proprio corpo che, per amore nei nostri confronti, si immerge nella nostra morte per darci la vita. In che modo adoriamo e amiamo questo corpo infinitamente santo del Verbo di Dio che si è fatto carne, nel grembo della Vergine Maria, unigenito Figlio di Dio fatto uomo, figlio di Adamo che noi riconosciamo come nostro fratello: mistero stesso della presenza, nella nostra umanità, del Dio inconoscibile e infinito rivelato nel suo Figlio? Corpo di Cristo offertosi per noi, nostro cibo nel sacramento eucaristico, sangue versato per riscattarci - a quale prezzo - dai nostri peccati, sorgente di risurrezione e di vita divina in noi. Corpo di Cristo nostro fratello, figlio di Abramo; corpo di Cristo, Verbo eterno, Figlio di Dio, da cui noi siamo resi divini e in cui noi possiamo diventare figli di Dio. Vita divina presente nell'umanità che sottrae la condizione umana non solo alla sua debolezza mortale, ma anche alla sua perdita e che le dà la comunione con Dio, vita eterna. Sì, come noi trattiamo la Chiesa, trattiamo Cristo: prova infallibile della verità della nostra fede in Cristo. Chi disprezza questo corpo che noi costituiamo come dimora divina di Dio e dello Spirito - la Chiesa corpo di Cristo che ne è il capo - non può dire di credere realmente che il corpo di Gesù, nato dalla Vergine Maria, sia il corpo del Figlio di Dio. La prova della fede in Cristo, Dio e uomo, è la nostra fede nella presenza divina dello Spirito in questo corpo di Cristo che noi formiamo. Forse pensate che siamo ancora all'interno di quello stretto cerchio in cui la fede è una luce che illumina soltanto la logica dell'amore con il quale il credente si appresta a seguire, capire e conoscere Cristo. Forse pensate che questa meditazione, in fondo, non ha senso se non per il discepolo di Gesù e non ha nessun'altra validità. Ora, in questi due misteri (corpo di Gesù nato dalla Vergine Maria e corpo ecclesiale di Cristo) è racchiusa la salvezza dell'uomo. Quale salvezza? Da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da molte cose, ahimé! Ma vengo al punto preciso su cui vorrei che terminassimo la nostra meditazione. Noi dobbiamo essere salvati dalla nostra propria distruzione. Dobbiamo essere salvati dal rifiuto, al quale siamo quasi fatalmente spinti, di considerare la divina grandezza dell'uomo in generale e di ogni uomo in particolare. In effetti, quando la ragione umana, che è riflesso dell'intelligenza

divina e dono di Dio, non si percepisce più come ricevuta da Dio e si appunta, in modo sovrano ed efficace, sulla nostra condizione storico-corporale per cercare di sapere che cos'è un essere umano, all'improvviso non sa più cosa dire. Chi è un essere umano? L'embrione è un essere umano? Il vecchio o il malato che non è più padrone dei suoi gesti è un essere umano? Il nemico è un essere umano? L'uomo diverso da noi, di cui abbiamo paura e che definiamo selvaggio, è un essere umano? Chi è definito "deviante" è un essere umano? Chi è detto pazzo è un essere umano? Chi è disprezzato da tutti perché creduto perverso, e forse lo è, è un essere umano? Chi deciderà che cos'è l'uomo? Chi deciderà chi è un uomo? Perché rispettare di più questo fragile ammasso di cellule piuttosto che un altro qualsiasi ammasso di cellule provenienti da un altro qualsiasi essere vivente? Quali argomentazioni portare a favore? Come dare delle leggi su ciò? Come comprendere, pur essendo così sapienti e avendo tanto potere, quale rispetto sia dovuto all'uomo e chi meriti questo rispetto incondizionato? Io non pretendo di entrare qui in un ambito in cui i ricercatori, i giuristi, gli uomini di sapere possono esercitare la loro sagacia. Io vi parlo come apostolo di Gesù Cristo, come testimone della parola di Dio, incaricato della salvezza dell'uomo. Vedete da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da questa falsa sapienza che potrebbe condurre l'uomo a non sapere più chi sia. Ora, ecco il "più" che noi siamo: il tempio di Dio, ciascuno, nella nostra condizione corporale. "Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo", dice san Paolo (1Cor 6,19), facendo eco alle parole di Gesù: "Se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio" (Gv 3,3), se non rinasce cioè da Dio, dallo Spirito. Noi siamo il tempio dello Spirito Santo come la Chiesa corpo di Cristo, come Cristo nato dalla Vergine Maria, Figlio eterno di Dio. Ognuno di noi, il più disprezzato come il più famoso, il più grande come il più debole, il più degno agli occhi degli uomini come il più indegno, il più diverso da noi, comunque egli sia, in punto di morte o non ancora nato, insomma ogni essere che appartenga alla condizione umana è infinitamente sacro, perché è la dimora di Dio fra gli uomini, e deve essere trattato con il rispetto infinitamente sacro del nostro Creatore e Redentore. Ogni essere che appartenga alla nostra specie è chiamato a essere ed è il tempio e la dimora di Dio. Certo noi siamo peccatori, accecati fino all'omicidio, che è il primo peccato dei figli di Adamo. Omicidio, cioè fratricidio, quando Caino uccide suo fratello Abele. Ma il mistero della redenzione di Cristo che assume i nostri peccati e che, sulla croce, ci libera e ci strappa alla morte, è la misura più piena della liberazione e della salvezza che Dio vuole operare in noi. In Cristo nostro fratello, i fratelli nemici ricevono il comandamento di amarsi. Voi capite, amici miei, l'importanza profetica, parola umana che pronuncia la parola di Dio, l'importanza profetica, dico, di questo mistero del corpo ecclesiale, tempio di Dio, nel quale abita Cristo, la cui carne è quella della divinità del Verbo eterno e che fa di noi i templi dello Spirito Santo per ricordarci la nostra condizione divina. Noi dividiamo questa fede con i discepoli di Cristo, che sanno chi è il Padre, chi è il Figlio, chi è lo Spirito, e che credono in un solo Dio. Ma dal momento che, discepoli di Gesù, sappiamo che l'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è chiamato a essere il tempio dello Spirito Santo, noi sappiamo anche di dover difendere, con le armi della ragione, della libertà e del rispetto, la dignità divina e assoluta di ogni uomo, di ogni essere umano. Non come un'opinione privata, ma come una certezza che si basi sulla nostra fede nell'amore del nostro Creatore e Padre. E per questo, noi dobbiamo "obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29). Con la stessa fedeltà di Gesù che ha offerto in sacrificio la sua vita per la nostra redenzione e per la nostra vita. È dunque una parola piena di speranza che oggi la Chiesa ci fa ascoltare; piena di forza, di bellezza, di rigore, per capire quale fatica, come quella del Redentore, sia quella dell'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo, come ci dice oggi il Vangelo che abbiamo ascoltato. Ma in questa fatica e in questa pena, guardate quale gioia ci è data perché la testimoniamo al mondo!

Card. JEAN-MARIE LUSTIGER



Domenica – 2.a Tempo Ordinario

Meditazione sul Vangelo di Gv 1,35-42

Riconoscere la voce di Dio.

Il tema della sequela semplice e totale si ripresenta nelle letture di questa domenica. Una volta riconosciuto il Signore, è forse possibile non seguirlo? Nel racconto della chiamata di Samuele e in quello dei primi due discepoli che seguono Gesù, è evidente anche un altro elemento. Queste persone giungono al riconoscimento e alla sequela attraverso l’indicazione del loro maestro. La voce di Dio è riconoscibile attraverso qualcuno che ne ha già fatto esperienza e ce la indica.

Leggendo questi due famosissimi episodi, abbiamo l’impressione di essere condotti alle sorgenti della storia cristiana e della nostra stessa vita, Ancora bambini, o giovani, o forse già grandi, non è accaduto sostanzialmente così anche a noi? Ricordiamo la nostra adesione al Signore, la scelta che ha determinato l’orientamento della nostra vita. Il nostro cuore era in attesa e in ricerca di un senso della vita, di un motivo per cui spendere le energie, di una meta verso la quale camminare, di una compagnia vera e significativa. Forse eravamo già in buona posizione e ben attestati, come i protagonisti delle letture di oggi: Samuele era già ospite del tempio, Giovanni e Andrea si erano già mossi verso il Battista. Può accadere, come nel caso di Matteo o Saulo o di tanti altri, di trovarsi in una posizione di estraneità e lontananza. All’orizzonte della vita

appare una novità: una voce, una presenza, un uomo, un richiamo. Quell’accento ci colpisce non a livello superficiale e puramente emotivo, ma dandoci la percezione profonda che lì si gioca il nostro destino. Come potremmo sottrarci? Forse siamo titubanti e incerti, come Samuele che non riconosce subito la voce, o come i due che camminano dietro a Gesù sul fiume Giordano senza avere il coraggio di farsi notare. E’ un momento sottile e delicato, un crinale che decide della direzione della vita. Se non fosse per l’evidenza dell’iniziativa di Dio, ci potremmo smarrire. La misericordia di Dio ci insegue, e ci troviamo a dire: “Parla Signore, che il tuo servo ti ascolta”; e acconsentiamo alla grazia di “stare con lui tutto questo giorno”. Una grazia che fiorisce nei giorni successivi, e insieme con noi coinvolge altre persone, come è accaduto nella missione di Samuele e già subito nell’incontro di Andrea con il fratello Simone.






sabato 9 gennaio 2021

Dal Vangelo di Oggi: Videro Gesù camminare sul mare.

VANGELO SECONDO MARCO

( 6,45-52 )

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra


PREGHIERA DEL MATTINO

Signore, fa' che l'amore che hai manifestato ai pastori e ai Magi, ai poveri d'Israele e alle nazioni pagane, raggiunga in noi la perfezione, trasparenza perfetta alla perfetta innocenza di Dio, al più puro dei suoi irraggiamenti, adesione totale, aderenza completa, che in ebraico si esprime con la parola "Amen". Come il Figlio è l'Amen del Padre, fa' che noi diveniamo l'Amen del Figlio. Allora, in questa intimità assoluta con l'intimo del Padre e dello Spirito, nella familiarità che ci viene offerta nella Trinità, sapremo che l'amore perfetto scaccia il timore.



PRIMA LETTURA

Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 1Gv 4,11-18

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.  noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l'amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione; che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore.

Parola di Dio.





 

CANTO AL VANGELO 

(cf. 1Tm 3,16)


Alleluia, alleluia.

Gloria a te, o Cristo, annunciato fra le genti,

gloria a te, o Cristo, creduto nel mondo.

Alleluia.


 




VANGELO

Videro Gesù camminare sul mare.

+ Dal Vangelo secondo Marco 6,45-52

[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, a Betsaida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma!", e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

Parola del Signore.



OMELIA

Nella traversata della vita capita frequentemente di dover affrontare le tempeste, suscitate dalla suscettibilità, dalle incomprensioni, da contrasti della vita, da sventure... che ci fanno tremare e ci agitano come succedeva ai discepoli mentre traversavano il lago. Per loro buona fortuna, quando sono ormai sfiniti e quasi vinti dalla fatica, interviene Gesù... Al loro primitivo turbamento e spavento, subentra la meraviglia... quasi incredula. E' il Maestro buono che viene in loro soccorso invitandoli a non aver paura... E una volta accolto sulla barca, il vento cessa, le acque si calmano... Rimane in loro lo stupore che l'evangelista tenta di giustificare "perché non avevano capito il fatto dei pani...". Volesse il cielo che nelle nostre tempeste personali, familiari, comunitarie ci rifugiassimo nel Signore Gesù, lo accogliessimo nella barca della nostra povera vita! Il Padre celeste non si lascerà invocare invano... anzi, come ci dice Giovanni, vuole rimanere in noi, dimorare e vivere in noi, manifestandoci tutto il suo amore nella donazione del suo Figlio come Salvatore. Egli è amore! Vivere nell'amore di Dio e del prossimo costituisce la garanzia più valida di vittoria nelle prove, nelle tentazioni, nelle tempeste dalle quali nessun uomo sarà risparmiato come non sono stati risparmiati Gesù, Maria, Giuseppe, i profeti... e tutti i santi. Giovanni ci ripete: "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amor perfetto scaccia il timore...". Abbandonarci alla volontà del Signore come un bambino si abbandona fra le braccia della mamma costituisce motivo di pace e di serenità in qualsiasi situazione della vita. (Padri Silvestrini)



PREGHIERA DELLA SERA

I Magi ripartirono senza ritornare a inchinarsi davanti ai re della terra perché avevano adorato il Re dei cieli, il Signore dei signori. Signore, ridona a noi, discepoli del Cristo, il senso dei valori evangelici. Fa' che nessuna paura contraria all'amore di Cristo nei suoi poveri che sono il tesoro della Chiesa ci spinga a venerare le vie umane e a preferire le comodità materiali e spirituali alla verità che è l'espressione stessa dell'amore incarnato. 



Sabato – 2a dopo Natale

Meditazione sul Vangelo di Mc 6,45-52

Coraggio, sono io, non temete.

Ci inoltriamo sempre dipiù nella conoscenza del “mistero nascosto per secoli e ora rivelato” come descrisse san Paolo l’evento della venuta di Cristo al mondo. L’apostolo Giovanni ci fa capire che da questa esperienza deriva la nostra capacità di amare. Il Vangelo ci proietta nella scena sul lago di Galilea, dove Gesù sorprende ancora i suoi, camminando sul mare. E’ un segno della grandezza di Dio in mezzo a noi, che ci invita a non temere.

In questa parte della sua lettera Giovanni ci invita ad entrare sempre di più nella conoscenza di Gesù Cristo, che è manifestazione dell’amore di Dio e, proprio a partire da questa esperienza, saper amare veramente i nostri fratelli. Partecipiamo ancora di quell’atmosfera serena e gioiosa che ci è stata trasmessa attraverso la celebrazione del mistero della nascita di Gesù e dei suoi primi passi, affidato alla custodia e protezione di Giuseppe e Maria. Sotto questa luce dobbiamo vedere l’episodio scelto per il giorno di oggi: è anche questa una manifestazione di Dio al mondo; Gesù la compie in modo eccezionale, camminando sulla superficie delle acque. Il mare, con la sua estensione e forza misteriosa, nella concezione biblica è spesso considerato come l’insieme degli elementi del male in combattimento con l’uomo, che possono sopraffarlo. Il camminare di Gesù sul mare significa innanzitutto il dominio su queste forze, che è una prerogativa divina. Gli apostoli, com’è ovvio, si spaventano. Ma Gesù li incoraggia ad essere aperti anche a questo, anche alle maggiori manifestazioni della potenza divina sulla terra. Li incoraggia a non temere. Infatti: “nell’amore non  c’è timore; al contrario l’amore perfetto scaccia il timore… “, dirà poi Giovanni nella sua lettera. Gesù lo dice ai suoi con quelle parole che hanno consolato tanti cuori nel corso della storia: «Sono io; non abbiate  paura!». Tutti ricordiamo con affetto queste parole ripetute con ardore dal Papa Giovanni Paolo II, fin dall’inizio del suo ministero di successore di Pietro. Anche lui, in effetti, aveva sperimentato la consolazione di Dio in mezzo a tante difficoltà della sua vita e della sua gente in Polonia, in un periodo tra i più difficili della storia recente dell’umanità. Gesù ci incoraggia oggi a conoscerlo meglio, a lasciarci conquistare dalla sua persona, fino a comprendere che Lui è la manifestazione dell’amore di Dio sulla terra. Solo questa consapevolezza ci dà la forza per corrispondere all’amore con l’amore, per donarci senza limiti ai nostri fratelli.





sabato 10 ottobre 2020

Dal Vangelo; Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze

 Domenica 11 Ottobre 2020

28.a del Tempo Ordinario (Anno A)

Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza

Mat 22, - 14





PREGHIERA DEL MATTINO

O Dio, tu concedi sempre la tua misericordia a coloro che ti amano e sei vicino a tutti coloro che ti invocano. La tua bontà e la tua fedeltà mi accompagnino oggi e in tutti i giorni della mia vita. Fa' che io esegua la tua volontà, con la guida dello Spirito che ci precede e ci accompagna. Concedimi la chiaroveggenza affinché possa riconoscere nei pastori della tua Chiesa la via che porta a te. Ti supplico di aprire il mio cuore al mistero della tua presenza, accanto a noi. Rischiara il mio spirito, affinché io riesca a distinguere quello che mi conduce alle fonti tranquille e mi restituisce le forze, e quello che mi allontana da te, verso l'errore e la menzogna. Amen.


SECONDA LETTURA

Tutto posso in colui che mi dà forza.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,12-14.19-20

Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell'abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO (cf. Ef 1,17-18)

R. Alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore

per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.

R. Alleluia.



VANGELO

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 22,1-14

[In quel tempo, Gesù riprese a parlare con parabole (ai capi dei sacerdoti e ai farisei) e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.)

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?" Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Parola del Signore.


Preghiera 

 O Dio, che hai preparato beni invisibili

per coloro che ti amano,

infondi in noi la dolcezza del tuo amore,

perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,

otteniamo i beni da te promessi,

che superano ogni desiderio.

Per il nostro Signore Gesù Cristo 



OMELIA

Come riuscirà la Chiesa, Sposa di Cristo, a presentare agli uomini del nostro mondo, della nostra società post-cristiana, l'incredibile invito del Padre alle nozze di suo Figlio? Come far sedere alla tavola di questo "banchetto di grasse vivande, di cibi succulenti, di vini raffinati" un'umanità apparentemente senza appetito? Questo compito appassionante di tutta la Chiesa - questa nuova evangelizzazione - deve occupare tutti i figli del nuovo popolo di Dio. Ne va di mezzo la vita e la vita del mondo. Sembra che annunciare l'invito con un nuovo ardore, con nuovi metodi, con una nuova espressione non sia un mezzo superato. Alcuni tra coloro che trasmettono questo invito alle nozze saranno forse maltrattati, forse uccisi. Ci saranno certamente quelli che rifiutano l'invito. Poco importa. C'è gente agli angoli delle strade. Basta annunciare con convinzione che noi andiamo a un banchetto, che l'invito di Cristo è arrivato fino a noi e che noi conosciamo le portate. Basta sapere che noi possiamo tutto in colui che ci conforta. L'annunciamo così? Siamo convincenti perché abbiamo già partecipato a questo banchetto? Non c'è niente di più ripugnante di coloro le cui parole ripetono quello che dicono gli altri, senza dare prova di alcuna esperienza.


MEDITAZIONE

Che cos'è l'abito nuziale? Cerchiamolo nelle Sacre Scritture. Si tratta certamente di qualcosa che è caratteristico dei buoni e che non si trova nei cattivi. Cerchiamo dunque ciò che non è comune ai buoni e ai cattivi e scopriremo che cos'è l'abito nuziale. Tra i doni di Dio, qual è dunque quello che non è comune ai buoni e ai cattivi? Siamo uomini e non bestie. È un dono di Dio: ma è comune ai buoni e ai cattivi. La luce che ci rischiara dal cielo, le nubi che fanno scendere la pioggia, le fontane che irrigano la terra, i campi che danno frutti, sono altrettanti doni di Dio: ma anche questi sono comuni ai buoni e ai cattivi. Entriamo nella sala del banchetto di nozze. Lasciamo da parte quelli che non sono venuti, benché siano stati invitati. Consideriamo i convitati, cioè i cristiani. Che cosa troviamo tra di essi? Il battesimo. È certamente un dono di Dio, ma è comune ai buoni e ai cattivi. I buoni e i cattivi ricevono ugualmente il sacramento dell'altare. Saulo, peccatore qual era, persecutore di un uomo giusto e santo che profetizza nel momento stesso in cui lo si perseguita, parla forse solo della fede dei buoni o non dice che anche i cattivi ce l'hanno? La Scrittura ci dice che anche i demoni credono ed è proprio questo che li fa tremare. Dove troveremo, dunque, la veste nuziale? Ho cercato dappertutto, ho esaminato tutto e non l'ho ancora scoperta. Ecco qui l'apostolo, che mi presenta un sacco di cose straordinarie e me le mette davanti. Io gli dico: "Apri e tira fuori tutto, per piacere. Voglio vedere se trovo la veste nuziale". Ecco che incomincia ad aprirmelo e mi dice: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli; e se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne; e se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato..." (1Cor 13). Ecco molte cose grandi, ecco molti vestiti preziosi; ma mostrami finalmente l'abito nuziale. Perché, apostolo divino, mi tieni così a lungo sospeso? Sarà il dono della profezia il dono di Dio che non è comune ai buoni e ai cattivi? "Se non avessi la carità, non sono nulla", ci risponde, e tutto il resto non mi serve a nulla. Ecco finalmente la veste nuziale che cerchiamo. Rivestitevi di questa veste, fortunati convitati, se volete stare con sicurezza al banchetto al quale siete stati chiamati. Non dite che le vostre facoltà non vi permettono di ottenerlo. Per esserne rivestiti non occorre far altro che rivestire i poveri. Ecco l'inverno: offrite abiti a coloro che non ne hanno. Gesù Cristo è bisognoso in loro. Fategli questo servizio ed egli darà la veste nuziale a tutti quelli di voi che non ce l'hanno. Correte dunque da lui, pregatelo con fervore: egli sa santificare i fedeli, egli sa coprire la nudità di quelli che gli appartengono. Fate continuamente opere buone, per avere la veste nuziale e così essa vi liberi dal timore di essere gettati, con le mani e i piedi legati, nelle tenebre esteriori. Altrimenti che cosa sarà di voi? Che cosa potrete fare quando avrete le mani legate? Potrete forse fuggire con i piedi legati? Abbiate, dunque, questa veste nuziale, così importante. Rivestitevene e allora starete tranquilli al banchetto al quale siete stati chiamati. E non avrete timore quando il capofamiglia verrà a vedere quelli che sono seduti a tavola; cioè nel giorno del giudizio. Egli vi dà del tempo; approfittatene. E coloro che non hanno ancora la veste nuziale, si preoccupino di rivestirla.

SANT'AGOSTINO



Preghiera finale

Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

Non respingermi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito. (Sal 50)





domenica 23 agosto 2020

Ecco perché il Maestro stesso chiede direttamente ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?

  Il Vangelo nella 21 Domenica per annuo 
  Cristo, Tu ci sei necessario  



 Dal Vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Gesù aveva lasciato Tiro e Sidone e si era ritirato con i suoi discepoli nella regione di Cesarea di Filippo città situata ai piedi del monte Hermon nell’estremo nord di Israele. Il luogo si presentava come un crocevia, appositamente scelto dal Maestro. Infatti vi si adoravano altri dei. E lì sgorgano le fresche acque del Giordano. Il luogo sembrava propizio: un invito a riflettere sul senso della vita e sulle opportunità di una realizzazione personale con Lui. Tutto diventava chiamata e vocazione. La natura stessa invitava i pellegrini ad ascoltare la parola di Dio a scegliere con saggezza il cammino della propria vita.
 
Al centro del Vangelo di questa domenica vi sono due domande fondamentali. Lo sono state per i discepoli allora, lo sono e lo saranno per ogni cristiano: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». I discepoli riportarono a Gesù l’opinione corrente che vedeva nel Giovane Rabbi di Nzareth un profeta: secondo alcuni egli sarebbe Giovanni il Battezzatore risorto dai morti; secondo altri sarebbe il nuovo Elia, il grande profeta rapito da Dio in cielo; secondo altri ancora in lui rivivrebbe Geremia, il profeta duramente perseguitato dalla classe sacerdotale del suo tempo.
 
Tutte risposte che contenevano una parte di verità, ma ancora insufficienti a esprimere esattamente chi era ed è veramente Cristo.
Ecco perché il Maestro stesso chiede direttamente ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». In questo caso, essi non potevano più limitarsi a riferire i pareri e le opinioni della gente su Gesù; dovevano dire che cosa ne pensassero loro stessi! I Dodici, soprattutto, avevano seguito il Maestro per circa tre anni; l’avevano conosciuto da vicino; avevano lasciato la casa, la barca, il padre; erano indubbiamente rimasti ammirati dai miracoli, affascinati dalle sue parole e dai suoi insegnamenti, stupiti e sorpresi dal suo stile di vita: che ne pensavano?

Il diaologo di Gesù con i suoi discepoli si snodò  lungo questa direttrice:


·            «La gente chi dice che il Figlio dell'uomo?». Per rispondere a questa domanda è sufficiente prestare attenzione alle voci, alle opinioni e ai commenti della gente. È sufficiente raccogliere qua e là delle informazioni. E al riguardo nessuno è compromesso direttamente e personalmente. Chiunque può sapere e conoscere molte cose su di Gesù e non muovere neppure un passo per seguirlo. 
 
·            «Ma voi chi dite che io sia?». Gesù provocò i discepoli a prendere una decisione personale in relazione a Lui. Per rispondere a questa seconda domanda è necessario scendere nel profondo del proprio cuore. Ci vuole un supplemento di fede. Gesù ci chiede cosa significhi Lui per noi. E non è sufficiente rispondere con dati imparati a memoria. È necessario esaminare la verità profonda della propria esistenza e la decisione personale di seguire il suo cammino. La fede cristiana non è soltanto adesione dottrinale, ma comportamento e vita segnata dal nostro rapporto con Gesù. Fede e sequela di Cristo sono in stretto rapporto. E, dato che suppone la sequela del Maestro, la fede deve consolidarsi e crescere, farsi più profonda e matura, nella misura in cui si intensifica e rafforza la relazione con Gesù, la intimità con Lui.
Al centro del brano evangelico c’è il breve ma serrato dialogo tra Gesù e Pietro. Centinaia di libri sono stati dedicati a commentare questo incrocio di dichiarazioni:
 
·            «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Solenne professione di fede, che da allora la Chiesa continua a ripetere. Ecco la vera identità del Maestro! Pietro riconobbe in Gesù il Cristo, cioè il Messia, il Re di pace e di giustizia atteso da Israele in favore di tutta l’umanità. Anche noi vogliamo proclamare con intima convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero "tesoro" per il quale vale la pena di sacrificare tutto. Lui è l’amico che mai ci abbandona, perché conosce le attese più intime del nostro cuore. Gesù è il "Figlio del Dio vivente", il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano
 
·            «Beato sei tu, Simone, … perché te lo ho rivelato il Padre mio che è nei cieli». Ed è proprio in quanto destinatario di questo dono di grazia che Simone riceve da Gesù un nome nuovo, Kefa’ Pietra. Pietro è la forma in cui si è resa in italiano la parola ebraica Kefa', che significa roccia, pietra inamovibile. Nei Vangeli si possono trovare molte beatitudini o espressione di compiacimento. Questa benedizione sottolinea la povertà delle nostre scoperte umane. E proclama la misericordia di Dio che ha rivelato la sua volontà svelando al tempo stesso la nostra fortuna. 
 
·            «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». L'originale gioco di parole indica che Pietro è la roccia. È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l’attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l’umanità intera in un’unica famiglia. Il pescatore di Galilea è proclamato da Gesù fondamento della sua comunità, la Chiesa, e roccia capace di confermare i fratelli nella fede. “Sulla roccia di questa fede, confessata da san Pietro, Cristo ha fondato la sua Chiesa” (CCC 424). Dopo questa dichiarazione Gesù aggiunse una promessa.
 
            «A te darò le chiavi del regno dei cieli».  “Il “potere delle chiavi” designa l'autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa” (CCC 553). Il piano di Gesù riguardo alla sua Chiesa sussiste nel tempo, secondo la tradizionale interpretazione cattolica delle tre metafore: la pietra, le chiavi, il binomio legare-sciogliere. “Il potere di “legare e sciogliere” indica l'autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli” (CCC 553). Non è possibile separare Cristo dalla Chiesa! Nessuno può dire Cristo sì, la Chiesa no! La Chiesa non vive di se stessa, bensì del Signore. Egli è presente in mezzo ad essa, e le dà vita, alimento e forza. Non si può seguire Gesù da soli. Chi cede alla tentazione di andare «per conto suo» o di vivere la fede secondo la mentalità individualista, che predomina nella società, corre il rischio di non incontrare mai Gesù Cristo, o di finire seguendo un’immagine falsa di Lui. La missione di Pietro e dei suoi successori è quella di servire l’unità dell’unica Chiesa di Dio; il suo ministero indispensabile è far sì che essa sia la Chiesa di tutti i popoli. Servire dunque l’unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle è la peculiare missione del Papa, Vescovo di Roma e successore di Pietro.

Cari Amici
Chi è Gesù? Questa domanda percorre, in forme differenti, tutto il Vangelo ed è  centrale per la nostra fede. Dalla risposta a tale interrogativo dipende la nostra relazione con lui, il Signore della nostra vita. Il cristianesimo non è una ideologia, non è una dottrina, non è una morale: il cristianesimo consiste nell’incontro e nel rapporto personale con Gesù.
A
ll’inizio dell’essere cristiano, all’origine della nostra testimonianza di credenti non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. L’incontro con Gesù colpisce, afferra, coinvolge e muove la libertà. E questo perché soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese profonde di ogni cuore. Ogni cristiano potrà dirsi tale se, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, rinnoverà tutti i giorni il suo incontro personale con Gesù Cristo e prenderà prendere ogni giorno la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta.
 
La domanda di Gesù raggiunge oggi ciascuno di noi: "Tu chi credi che io sia?". Centro e cuore della fede è riconoscere Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio che dona la vita per noi. La situazione del dialogo di Cesarea di Filippo non è mutata. Nel nostro contesto culturale e sociale c’è un certo disagio di fronte a questa domanda. Non solo anche oggi su Gesù ci sono le più diverse opinioni della gente: ma quel che è peggio è che non si pensa a Gesù come il Redentore dell’uomo, il Salvatore, il Messia. Libri, racconti fantasiosi, interpretazioni fuori di ogni sana tradizione hanno frantumato Gesù Cristo e la sua identità.
 
Gesù domanda a ciascuno, oggi: "Per te, chi sono io?". La risposta coinvolge tutta la propria persona, scava in profondità, non lascia scappatoie. Il Maestro esige una risposta che impegni in prima persona: non si può rispondere per sentito dire. Ognuno a questa domanda deve rispondere con la propria esperienza personale di Cristo. Avere a che fare con lui non è un evento innocuo o marginale: deve coinvolgere tutta la persona. Il cristianesimo, infatti, non è una ideologia, non è una dottrina, non è una morale: il cristianesimo è il mio rapporto con Gesù!

Spesso la nostra tentazione è quella di voler essere cristiani senza sequela del Maestro Gesù, riducendo la nostra fede a una affermazione dogmatica o all’adorazione di Gesù come Signore e Figlio di Dio. Il criterio per verificare se crediamo in Gesù come il Figlio di Dio incarnato è quello di verificare se siamo disponibili a seguire solo Lui. Aderire a Gesù non è solo ammirarlo come un uomo o adorarlo come Dio. Chi lo ammira e lo ama stando personalmente lontano, senza scoprire in lui l’esigenza di seguirlo da vicino non vive la fede cristiana in modo integrale. Solo chi segue Gesù si situa nella vera prospettiva per comprendere e per vivere un’esperienza autenticamente cristiana.

Aderire a Gesù non è solo ammirarlo come un uomo o adorarlo come Dio. Chi lo ammira e lo ama stando personalmente lontano, senza scoprire in lui l’esigenza di seguirlo da vicino non vive la fede cristiana in modo integrale. Solo chi segue Gesù si situa nella vera prospettiva per comprendere e per vivere un’esperienza autenticamente cristiana.

Una cosa è certa: quelli che hanno fatto questo salto non tornerebbero indietro per nulla al mondo e anzi si stupiscono di aver potuto vivere tanto tempo senza la luce e la forza che vengono dalla fede in Cristo. Come S. Ilario di Poitiers che si convertì da adulto, essi sono pronti ad esclamare: "Prima di conoscerti, io non esistevo".

Il Papa Paolo VI, vero innamorato di Cristo, scrisse:
O Cristo, Tu ci sei necessario per venire in comunione con il Padre,
per diventare, con Te, che sei unico Figlio, Suoi figli adottivi.
Tu ci sei necessario, o solo Maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e destino e la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità.
Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni della vera fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia,i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, o Cristo, Signore, Dio-con-noi,
per imparare l'amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino faticoso della vita,
fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli". (Quaresima 1955)
 
Tutti noi vogliamo proclamare con intima convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero tesoro per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l’amico che mai ci abbandona, perché conosce le attese più intime del nostro cuore. Gesù è il "Figlio del Dio vivente", il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano.
Allora: chi è Cristo? Dalla personale nostra risposta dipenderà la nostra vita.

Padre, fonte di sapienza,
che nell’umile testimonianza dell’apostolo Pietro
hai posto il fondamento della nostra fede,
dona a tutti gli uomini la luce del tuo Spirito,
perché riconoscendo in Gesù di Nazaret
il Figlio del Dio vivente,
diventino pietre vive
per l’edificazione della tua Chiesa.