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sabato 19 agosto 2023

Tu sei, Signore, mia parte di eredità

Sabato 19 Agosto 2023  


Mt 19,13-15 

Tu sei, Signore, mia parte di eredità 

 

Anche noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio

Dal libro di Giosuè 24, 14-29

In quei giorni, Giosuè disse al popolo: «Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà». Il popolo rispose a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore». Giosuè disse allora al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimoni!». «Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d'Israele!». Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!». Giosuè in quel giorno concluse un'alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio». Poi Giosuè congedò il popolo, ciascuno alla sua eredità. Dopo questi fatti, Giosuè figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni.

Parola di Dio.



CANTO AL VANGELO 


(cf. 1Ts 2,13)

R. Alleluia, Alleluia.

Ti rendo lode, Padre,

Signore del cielo e della terra,

perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

R. Alleluia.



+ Dal Vangelo secondo Matteo 19,13-15





In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Parola del Signore.


Sabato – 19.a Tempo Ordinario

Meditazione sul Vangelo di Mt 19,13-15

Lasciate che i bambini vengano a me”.

Nel brano evangelico odierno Gesù accoglie i bambini che i discepoli vogliono allontanare. Essi sono da Lui benedetti, quasi a rappresentare e proclamare l’attenzione che la famiglia e la Chiesa devono avere per loro. L’educazione cristiana dei piccoli è un lasciare che essi vadano subito a Gesù. I bambini, poi, nella loro disponibilità ancora senza malizia, sono il simbolo della condizione di chi vuole entrare nel Regno dei Cieli. Il mistero della salvezza, infatti, cioè della carità del Padre per noi e per tutti gli uomini, è rivelato proprio ai piccoli. Solo loro, che non presumono nelle loro capacità, riconoscono Gesù Figlio di Dio e, in Lui, il Padre.

Questo brano evangelico di Matteo è strutturato sicuramente meglio di quello di Marco 10,13-16. Esso è racchiuso dall’espressione “imporre le mani”, ripetuta due volte. Inoltre, manca in Matteo, quella durezza che, secondo Marco, Gesù manifesta verso i discepoli, e che egli esprime con il verbo “si indignò” (10,14). Infine, mentre nel racconto di Marco si chiede semplicemente a Gesù di accarezzare i bambini (10,13), in quello di Matteo si parla di “imporre loro le mani”, ovvero di benedirli e di pregare per loro. E Lui li benedice e invoca su di loro la protezione del Padre. Anche la parola rivolta ai discepoli è importante. Innanzi tutto: “Lasciate che i bambini vengano a me”; è un comando che pesa, in continuità, sui discepoli. La comunità cristiana ha, tra i suoi compiti primari, proprio quella di educare i bambini ad avvicinarsi, fin dalla loro tenera età a Gesù. Questo è un compito sempre urgente. La seconda frase poi, ripete quanto si è detto nei versetti precedenti di Mt 18,31: “Se voi non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli…”. Perché “di quelli che sono come loro è il Regno dei Cieli”. La presenza dei bambini nella comunità, quindi, è un continuo richiamo alla semplicità e all’umiltà di cuore, e il dialogo con loro impone, a noi adulti, di abbassarci alle loro capacità, al fine di farci comprendere davvero di farci materialmente piccoli con loro e nello stesso tempo, guidarli verso Gesù, affinché un giorno anch’essi possano sentirlo coma la vera guida della loro vita. L’ultima frase ci dice che Gesù “se ne partì”; non sappiamo in quale luogo concreto si trovasse, sappiamo solo che è in cammino verso Gerusalemme.


PREGHIERA 

Maria, Madre Santa, in questo sabato soprattutto cerco di evocare la responsabilità a te affidata dal tuo Figlio, Gesù, sulla croce e chiedo fiduciosamente il tuo aiuto perché possa giungere a lui. Guidami, mostrami il cammino e resta al mio fianco per spiegarmi che cosa debbo fare per avere la benedizione e, con essa, la pace di Cristo. Si tratta di una pace e di una beatitudine che il mondo non può dare e che ci permettono di apprezzare il valore del dolore e della sofferenza, così come quello dei doni, quali la santità e la prosperità, che possono aiutarci a servire il Signore con risultati migliori.

 


giovedì 11 marzo 2021

Dal Vangelo - Videro dove dimorava e rimasero con lui.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI 
( 1,35-42 )


Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà




PREGHIERA DEL MATTINO

Signore Gesù, ti prego: fa' che oggi ti incontri sulla mia strada; fa' che il tuo amore mi cambi; fa' che ti segua ovunque tu mi conduci; fa' che comunichi agli altri la letizia e la speranza che tu fai sorgere in me. Donami di essere docile alla tua chiamata. Donami di risponderti con tutte le forze, senza riserve e per sempre.



PRIMA LETTURA

Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

Dal primo libro di Samuele 1Sam 3,3b-10.19

In quei giorni, Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

Parola di Dio.


 

SECONDA LETTURA

I vostri corpi sono membra di Cristo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1Cor 6,13c-15a.17-20

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Parola di Dio.




CANTO AL VANGELO (Gv 1,41.17b)

R. Alleluia, alleluia.
"Abbiamo trovato il Messia":
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
R. Alleluia.




VANGELO

Videro dove dimorava e rimasero con lui.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Parola del Signore.

 

OMELIA


Come esseri umani e ancor più come credenti dovremmo orientare tutta la nostra vita in una continua, assidua ed incessante ricerca di Dio. Trovarlo e conoscerlo dovrebbe essere lo scopo primario della nostra vita. Dal Vangelo e da tutta la scrittura sacra apprendiamo che prima ancora che noi ci muoviamo verso di Lui, egli è già alla nostra ricerca. Gesù, additato da Giovanni battista come l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo, suscita immediatamente l'attenzione di uno dei discepoli del battezzatore. È Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli si mette senza esitazione alla sequela di Cristo. Ha creduto alla testimonianza del suo primo maestro ed è sicuro ormai che l'Agnello di Dio e il Messia atteso. La buona notizia, il felice incontro non può essere taciuto; il neodiscepolo si trasforma subito in testimone. Incontra il fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia che significa Cristo e lo condusse da Gesù». Ecco un bell'esempio per ognuno di noi che ci diciamo cristiani: dopo aver incontrato e conosciuto Cristo dobbiamo impegnarci attivamente con la genuinità della nostra testimonianza, a condurre da lui i nostri fratelli. Questa è la vocazione del credente: assumere gli insegnamenti del Signore, viverli coerentemente, farli diventare testimonianza ed esempio per gli altri. Non basta quindi dire «Eccomi, Signore, parla che il tuo servo ti ascolta» come afferma Samuele, chiamato dal Signore, occorre che dopo la chiamata orienti tutta la vita in conformità all'invito ricevuto. Una delle più belle espressioni della nostra fede, una delle migliori conseguenze derivanti dall'aver trovato Cristo, è proprio l'impegno di farlo conoscere ad altri. Per secoli la chiesa ha intessuto una splendida catena di trasmissione mediante la quale, dagli apostoli fino a nostri giorni, il messaggio di Cristo si è diffuso e si diffonde ancora in tutto il mondo. Quando questa catena s'inceppa ne soffre la chiesa, che viene così meno al suo primario dovere di essere missionaria con tutti i suoi membri. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha fatto riscoprire questo ruolo anche ai laici, chiedendo loro un apporto più incisivo nella vita della chiesa. Forse per troppo tempo l'annuncio è stato ritenuto una prerogativa quasi esclusiva dei preti e dei religiosi. La chiesa ha urgente bisogno di testimoni autentici e numerosi e nessun fedele può ritenersi dispensato o escluso.

(Padri Silvestrini)





PREGHIERA


Concedi a noi tuoi fedeli, Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri perché, ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio, si compie l'opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore.


Giovanni Battista vide Gesù e disse: "Ecco l'Agnello di Dio!". E i discepoli seguirono Gesù. (Gv 1,36-37)

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l'unico pane di vita formiamo un cuor solo e un'anima sola. Per Cristo nostro Signore.


MEDITAZIONE


Questa domenica, la parola di Dio ci fa percepire le armoniche della nostra salvezza: la Chiesa, tempio e corpo di Cristo; Cristo stesso dimora di Dio; noi stessi, esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio, templi dello Spirito nel nostro corpo mortale. Da questo triplice mistero della dimora di Dio fra gli uomini nella Chiesa, in Cristo, nel nostro corpo, riceviamo una luce su una questione decisiva per la nostra epoca, la cui attualità non vi sfuggirà: Che cos'è, in fondo, l'uomo? Che cos'è un uomo nella sua condizione corporale? Oggi che il nostro grande sapere e potere sulla genetica umana ci fanno brancolare nel buio, come ciechi, perché non sappiamo più che cosa, in questo ammasso di carne che l'uomo manipola e domina, sia umano e che cosa non lo sia. Oggi che i progressi dell'intelligenza umana nella comprensione della sua condizione pongono interrogativi inquietanti. Oggi che la luce divina sulla condizione umana è indispensabile per salvare ciò che deve essere salvato della dignità dell'uomo e della sua esistenza. La Chiesa, Cristo, l'uomo e il suo corpo si richiamano l'un l'altro. Ne sono convinto: il modo in cui oggi trattiamo la Chiesa è il segno del modo in cui oggi trattiamo Cristo; e il modo in cui trattiamo Cristo è la prova della maniera in cui trattiamo noi stessi. L'ultima frase che ho letto dal Vangelo, la dichiarazione di Gesù a Simone, figlio di Giovanni, mi spinge a partire da questa considerazione. Gesù, fin da questo primo incontro, si associa nel suo compito, nella sua missione, i suoi compagni e li sceglie senza indugio. Cambia il nome di Simone e gli impone il nome aramaico "Cefa", Pietro. In quel momento Gesù riceve dal Padre suo la "pietra" di fondazione del tempio spirituale, della dimora di Dio promessa al compimento dei tempi. Idea e immagine costanti nell'Antico Testamento e nel messaggio di Gesù. Si tratta di un tempio vivente, fatto di "pietre vive", perché siamo noi a costituirlo. La sua unità, pienezza e coesione, è realizzata dallo Spirito Santo che ci ha scelti e che non solo ci dà la coesione di un edificio, l'entità di un corpo unito, ma fa di noi tutti il tempio vivente e santo di Dio. La Chiesa è questa costruzione fondata sugli apostoli, le dodici colonne della Chiesa, come dicono le Scritture (Gal 2,9) ed è il luogo in cui dimora la gloria di Dio. Ormai, nessun edificio umano avrà la stessa grandezza, la stessa pienezza, la stessa storia della nuova dimora edificata dallo Spirito Santo. Perché i templi, anche il Tempio santo di Gerusalemme, dove risiede la gloria di Dio al di sopra dei cherubini, secondo la visione del profeta Isaia, questi templi costruiti dalla mano dell'uomo sono, per definizione, templi finiti la cui perfezione stessa è riflesso dell'intelligenza umana, che non può concepire le cose se non a sua misura. Questo edificio in cui ci troviamo, e che ha una sua bellezza affascinante, la riceve in parte dal fatto che la nostra intelligenza, spinta al di là dei nostri sguardi, trova intuitivamente, proprio in questo spazio limitato, la sicurezza di uno spazio che abbiamo costruito noi, e che noi possiamo delimitare in quanto non fissato per sempre, anche se i limiti stimolano indefinitivamente la nostra sensibilità e se, ad ogni passo, ad ogni sguardo, intravediamo sempre nuovi aspetti. Ora, caratteristica peculiare del tempio che Dio costruisce con quelle pietre viventi che sono le nostre vite, è il fatto che nessuno può farne il progetto se non Dio stesso; nessuno può dargli coesione se non lo Spirito che vi dimora. La sua costruzione sarà terminata solo al termine della storia; poiché si aggiungono sempre nuove pietre. Al punto che questo edificio è paragonato a un corpo in crescita; al punto che, corpo costituito da uomini che fanno parte di questa creazione, esso ottiene la sua perfezione dall'amore infinito di Dio che lo abita e lo costruisce. Non ha nessun'altra misura se non il progetto dell'amore infinito. Al punto che lo splendore del tempio spirituale, "non costruito dalla mano dell'uomo", che è la Chiesa, ci sfugge, mentre di un edificio di pietra percepiamo la bellezza con i nostri occhi, le nostre mani, i nostri sensi. Infatti questo tempio comprende non solo gli uomini che sono oggi sulla terra, ma anche, altrettanto vivi e presenti, tutti quelli che, innumerevoli e sconosciuti, sono stati presi dalla morte e vivono con Cristo. Altrettanto presenti e, anzi, per il peso della loro vita e del loro amore, ancora più presenti degli esseri che oggi affollano questo suolo e parlano con una voce umana. Esso comprende infine, nella speranza, la folla immensa degli uomini e delle donne che Dio ama e che, al di là di quello che possiamo saperne, egli chiama e riunisce per costituire questo tempio spirituale che è la Chiesa, vera e propria dimora di Dio. Così, a partire da questo episodio narrato dal Vangelo di san Giovanni, i discepoli vengono ad abitare con Cristo, nella casa di Cristo, la cui dimora è il tempio di Dio, la casa di suo Padre. Ora, la maniera stessa in cui noi, cristiani, consideriamo il tempio spirituale che Cristo riceve e che Dio costruisce con le pietre viventi, che siamo noi, per costruire la Chiesa, ci permette di essere testimoni di una realtà ancora più concreta: il tempio che è il "corpo di Gesù". Perché, secondo un'altra immagine usata da Cristo, noi costituiamo il suo corpo. San Giovanni ce lo fa capire quando ci riferisce, prima della passione, questa sfida enigmatica di Gesù davanti al tempio di Gerusalemme: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2,19). Proposito provocatorio e assurdo alle orecchie dei suoi uditori, incomprensibile - almeno nell'immediato - per i discepoli; dice infatti l'evangelista: "Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù". Egli parlava dunque del suo proprio corpo che, per amore nei nostri confronti, si immerge nella nostra morte per darci la vita. In che modo adoriamo e amiamo questo corpo infinitamente santo del Verbo di Dio che si è fatto carne, nel grembo della Vergine Maria, unigenito Figlio di Dio fatto uomo, figlio di Adamo che noi riconosciamo come nostro fratello: mistero stesso della presenza, nella nostra umanità, del Dio inconoscibile e infinito rivelato nel suo Figlio? Corpo di Cristo offertosi per noi, nostro cibo nel sacramento eucaristico, sangue versato per riscattarci - a quale prezzo - dai nostri peccati, sorgente di risurrezione e di vita divina in noi. Corpo di Cristo nostro fratello, figlio di Abramo; corpo di Cristo, Verbo eterno, Figlio di Dio, da cui noi siamo resi divini e in cui noi possiamo diventare figli di Dio. Vita divina presente nell'umanità che sottrae la condizione umana non solo alla sua debolezza mortale, ma anche alla sua perdita e che le dà la comunione con Dio, vita eterna. Sì, come noi trattiamo la Chiesa, trattiamo Cristo: prova infallibile della verità della nostra fede in Cristo. Chi disprezza questo corpo che noi costituiamo come dimora divina di Dio e dello Spirito - la Chiesa corpo di Cristo che ne è il capo - non può dire di credere realmente che il corpo di Gesù, nato dalla Vergine Maria, sia il corpo del Figlio di Dio. La prova della fede in Cristo, Dio e uomo, è la nostra fede nella presenza divina dello Spirito in questo corpo di Cristo che noi formiamo. Forse pensate che siamo ancora all'interno di quello stretto cerchio in cui la fede è una luce che illumina soltanto la logica dell'amore con il quale il credente si appresta a seguire, capire e conoscere Cristo. Forse pensate che questa meditazione, in fondo, non ha senso se non per il discepolo di Gesù e non ha nessun'altra validità. Ora, in questi due misteri (corpo di Gesù nato dalla Vergine Maria e corpo ecclesiale di Cristo) è racchiusa la salvezza dell'uomo. Quale salvezza? Da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da molte cose, ahimé! Ma vengo al punto preciso su cui vorrei che terminassimo la nostra meditazione. Noi dobbiamo essere salvati dalla nostra propria distruzione. Dobbiamo essere salvati dal rifiuto, al quale siamo quasi fatalmente spinti, di considerare la divina grandezza dell'uomo in generale e di ogni uomo in particolare. In effetti, quando la ragione umana, che è riflesso dell'intelligenza

divina e dono di Dio, non si percepisce più come ricevuta da Dio e si appunta, in modo sovrano ed efficace, sulla nostra condizione storico-corporale per cercare di sapere che cos'è un essere umano, all'improvviso non sa più cosa dire. Chi è un essere umano? L'embrione è un essere umano? Il vecchio o il malato che non è più padrone dei suoi gesti è un essere umano? Il nemico è un essere umano? L'uomo diverso da noi, di cui abbiamo paura e che definiamo selvaggio, è un essere umano? Chi è definito "deviante" è un essere umano? Chi è detto pazzo è un essere umano? Chi è disprezzato da tutti perché creduto perverso, e forse lo è, è un essere umano? Chi deciderà che cos'è l'uomo? Chi deciderà chi è un uomo? Perché rispettare di più questo fragile ammasso di cellule piuttosto che un altro qualsiasi ammasso di cellule provenienti da un altro qualsiasi essere vivente? Quali argomentazioni portare a favore? Come dare delle leggi su ciò? Come comprendere, pur essendo così sapienti e avendo tanto potere, quale rispetto sia dovuto all'uomo e chi meriti questo rispetto incondizionato? Io non pretendo di entrare qui in un ambito in cui i ricercatori, i giuristi, gli uomini di sapere possono esercitare la loro sagacia. Io vi parlo come apostolo di Gesù Cristo, come testimone della parola di Dio, incaricato della salvezza dell'uomo. Vedete da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da questa falsa sapienza che potrebbe condurre l'uomo a non sapere più chi sia. Ora, ecco il "più" che noi siamo: il tempio di Dio, ciascuno, nella nostra condizione corporale. "Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo", dice san Paolo (1Cor 6,19), facendo eco alle parole di Gesù: "Se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio" (Gv 3,3), se non rinasce cioè da Dio, dallo Spirito. Noi siamo il tempio dello Spirito Santo come la Chiesa corpo di Cristo, come Cristo nato dalla Vergine Maria, Figlio eterno di Dio. Ognuno di noi, il più disprezzato come il più famoso, il più grande come il più debole, il più degno agli occhi degli uomini come il più indegno, il più diverso da noi, comunque egli sia, in punto di morte o non ancora nato, insomma ogni essere che appartenga alla condizione umana è infinitamente sacro, perché è la dimora di Dio fra gli uomini, e deve essere trattato con il rispetto infinitamente sacro del nostro Creatore e Redentore. Ogni essere che appartenga alla nostra specie è chiamato a essere ed è il tempio e la dimora di Dio. Certo noi siamo peccatori, accecati fino all'omicidio, che è il primo peccato dei figli di Adamo. Omicidio, cioè fratricidio, quando Caino uccide suo fratello Abele. Ma il mistero della redenzione di Cristo che assume i nostri peccati e che, sulla croce, ci libera e ci strappa alla morte, è la misura più piena della liberazione e della salvezza che Dio vuole operare in noi. In Cristo nostro fratello, i fratelli nemici ricevono il comandamento di amarsi. Voi capite, amici miei, l'importanza profetica, parola umana che pronuncia la parola di Dio, l'importanza profetica, dico, di questo mistero del corpo ecclesiale, tempio di Dio, nel quale abita Cristo, la cui carne è quella della divinità del Verbo eterno e che fa di noi i templi dello Spirito Santo per ricordarci la nostra condizione divina. Noi dividiamo questa fede con i discepoli di Cristo, che sanno chi è il Padre, chi è il Figlio, chi è lo Spirito, e che credono in un solo Dio. Ma dal momento che, discepoli di Gesù, sappiamo che l'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è chiamato a essere il tempio dello Spirito Santo, noi sappiamo anche di dover difendere, con le armi della ragione, della libertà e del rispetto, la dignità divina e assoluta di ogni uomo, di ogni essere umano. Non come un'opinione privata, ma come una certezza che si basi sulla nostra fede nell'amore del nostro Creatore e Padre. E per questo, noi dobbiamo "obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29). Con la stessa fedeltà di Gesù che ha offerto in sacrificio la sua vita per la nostra redenzione e per la nostra vita. È dunque una parola piena di speranza che oggi la Chiesa ci fa ascoltare; piena di forza, di bellezza, di rigore, per capire quale fatica, come quella del Redentore, sia quella dell'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo, come ci dice oggi il Vangelo che abbiamo ascoltato. Ma in questa fatica e in questa pena, guardate quale gioia ci è data perché la testimoniamo al mondo!

Card. JEAN-MARIE LUSTIGER



Domenica – 2.a Tempo Ordinario

Meditazione sul Vangelo di Gv 1,35-42

Riconoscere la voce di Dio.

Il tema della sequela semplice e totale si ripresenta nelle letture di questa domenica. Una volta riconosciuto il Signore, è forse possibile non seguirlo? Nel racconto della chiamata di Samuele e in quello dei primi due discepoli che seguono Gesù, è evidente anche un altro elemento. Queste persone giungono al riconoscimento e alla sequela attraverso l’indicazione del loro maestro. La voce di Dio è riconoscibile attraverso qualcuno che ne ha già fatto esperienza e ce la indica.

Leggendo questi due famosissimi episodi, abbiamo l’impressione di essere condotti alle sorgenti della storia cristiana e della nostra stessa vita, Ancora bambini, o giovani, o forse già grandi, non è accaduto sostanzialmente così anche a noi? Ricordiamo la nostra adesione al Signore, la scelta che ha determinato l’orientamento della nostra vita. Il nostro cuore era in attesa e in ricerca di un senso della vita, di un motivo per cui spendere le energie, di una meta verso la quale camminare, di una compagnia vera e significativa. Forse eravamo già in buona posizione e ben attestati, come i protagonisti delle letture di oggi: Samuele era già ospite del tempio, Giovanni e Andrea si erano già mossi verso il Battista. Può accadere, come nel caso di Matteo o Saulo o di tanti altri, di trovarsi in una posizione di estraneità e lontananza. All’orizzonte della vita

appare una novità: una voce, una presenza, un uomo, un richiamo. Quell’accento ci colpisce non a livello superficiale e puramente emotivo, ma dandoci la percezione profonda che lì si gioca il nostro destino. Come potremmo sottrarci? Forse siamo titubanti e incerti, come Samuele che non riconosce subito la voce, o come i due che camminano dietro a Gesù sul fiume Giordano senza avere il coraggio di farsi notare. E’ un momento sottile e delicato, un crinale che decide della direzione della vita. Se non fosse per l’evidenza dell’iniziativa di Dio, ci potremmo smarrire. La misericordia di Dio ci insegue, e ci troviamo a dire: “Parla Signore, che il tuo servo ti ascolta”; e acconsentiamo alla grazia di “stare con lui tutto questo giorno”. Una grazia che fiorisce nei giorni successivi, e insieme con noi coinvolge altre persone, come è accaduto nella missione di Samuele e già subito nell’incontro di Andrea con il fratello Simone.






venerdì 3 luglio 2020

Vangelo di oggi - Mio Signore e mio Dio

Mercoledì, XIII settimana 
del Tempo Ordinario
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

Tu sei il mio Dio, a te innalzo la lode;
 tu sei il mio Dio, elevo inni al tuo nome; d gloria a te che mi hai salvato.

Gv 20,24-29

Preghiera
Dio onnipotente, tu sei indicibilmente piu' grande di quanto noi possiamo capire. Tu sei qui. La tua presenza ci circonda e ci anima come la calda luce del sole. Fa' che abbiamo fiducia totale in te e nella parola di tuo Figlio per poter sentire come Tommaso l'amore e la presenza di Gesù


Prima Lettura
Siamo edificati sopra il fondamento degli apostoli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2,19-22
Fratelli, voi non siete più stranieri n ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, come pietra d'angolo lo stesso Cristo Ges. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Parola di Dio.


Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo


(Dal Salmo 116)

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. 
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.






Canto al Vangelo (Gv 20,29)

R. Alleluia, alleluia.
Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
R. Alleluia.


3 luglio: SAN TOMMASO Apostolo | Innamorati di Maria
Siamo edificati sopra il fondamento degli apostoli.


Vangelo (Gv 20,24-29)

Mio Signore e mio Dio!

+ Dal Vangelo secondo Giovanni 

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore!. Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: Pace a voi!. Poi disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!. Gli rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio!. Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!.
Parola del Signore.



Omelia
Vorrei raccontarvi una storia. Parla di un ragazzo. Aveva una decina di anni e non sapeva ancora cosa volesse dire essere malato. Sulla strada aveva improvvisamente notato qualcosa che non andava. Sentiva un dolore acuto, aveva freddo e non sapeva cosa fare. Al dolore si aggiungeva il fatto che nessuno si occupava di lui, che nessuno lo notava. Le persone passavano senza prestargli attenzione. Fin col rientrare a casa. Tremava, e sperava che qualcuno lo sentisse. In quel momento arrivò sua madre e se ne accorse. Gli disse: "Non stai bene. Sei malato". E nello stesso istante, il peggio pass. Il ragazzo pensò: "Qualcuno sa e vede come sto". Certamente  avvenuta la stessa cosa per i discepoli quando improvvisamente  apparso Gesù in mezzo a loro e hanno detto: "Vedete, sono io". Nell'istante stesso in cui si  mostrato a loro, la loro paura si  trasformata. Capisco che Tommaso si sia mostrato tanto riluttante quando gli hanno detto: "Abbiamo visto il Signore". Probabilmente non era cos poco credente come sembra a prima vista. Forse aveva vagato per la strada senza sapere cosa fare, con una grande tristezza in fondo al cuore a causa degli avvenimenti recenti. Ed ecco che gli altri gli dicono: "Abbiamo visto il Signore e mangiato con lui". Sentiamo che Tommaso vorrebbe vedere di persona cose ancora più grandi. Gesù avvicina Tommaso con molta tenerezza. Tommaso può mettere la mano sulle sue ferite. Potrebbe capitare anche a noi, che abbiamo tutti un Tommaso in noi. Perché non siamo forse Tommaso quando diciamo: "Se non vediamo, non crediamo"? Gesù dice a Tommaso: "Vieni, puoi toccarmi". E poiché Gesù è così vicino a Tommaso e gli manifesta una tale tenerezza, egli non può che gridare, sconvolto: "Mio Signore e mio Dio!". Se capitasse a qualcuno tra noi di sentire il tenero amore e la presenza di Gesù, allora anche noi potremmo incontrarlo.
Georg Lokay




Preghiera
Vieni, Signore, al termine di questa giornata, e completa l'opera che hai cominciato fin dall'alba. Ristabilisci le nostre forze perdute, il nostro amore indebolito, la nostra fiducia ferita. Distruggi, Signore, i limiti del vecchio che resiste alla morte. Rompi gli otri del vecchio Adamo, cos terrestre, in modo da far nascere un uomo nuovo, Gesù Cristo, in ogni essere battezzato. Fa' di questa notte, o Padre, un segno della nostra vecchia condizione di peccatori che deve venire annientata, cos che, domani, la luce del nuovo giorno ci rallegri attraverso il trionfo di Gesù Cristo, tuo Figlio, sul peccato e la morte.


Venerdì – 13a Tempo Ordinario – San Tommaso Apostolo – P


Meditazione sul Vangelo di  Gv 20,24-29


Tornare a credere.

Tommaso è uno dei dodici apostoli scelti da Gesù. Il suo nome in ebraico significa “gemello” (in greco: “didimo”). Fu un discepolo pieno di affetto umano per il Maestro, ma ciò non è bastato a fargli conoscere davvero il Salvatore. Lo interroga, infatti, sulla sua origine e sulla sua natura. Tommaso, quando afferma «mio Signore e mio Dio», diventa un provocatore, perché non ha paura di ricominciare. Un’esperienza che ci aiuta a non contare sulle nostre certezze umane, ma a lasciarci coinvolgere dalla persona di Cristo. La grandezza di questo apostolo sta nel sapersi riappropriare del rapporto con Gesù, di non rimanere nel dubbio, di ricominciare, rivelando umanità e fede, doni che ogni credente dovrebbe possedere.
Il nocciolo della fede cristiana sta nella fiducia e nell’abbandono al Dio di Gesù Cristo e trova la sua formulazione nell’espressione: “io credo in te”. Nelle relazioni umane la fiducia in qualcuno comporta anche l’accettazione di ciò che la persona, alla quale ci affidiamo, ci dice e ci comunica. La fede non nasce soltanto dall’ascolto delle opere meravigliose di Dio, dal kerygma che presenta la vicenda di Cristo come espressione dell’amore infinito del Padre. Sono molti i segni con i quali possiamo sperimentare le due componenti della fede cristiana che sono il credere in Dio e il manifestare questa fede con le opere. Ripetere oggi “mio Signore e mio Dio” significa rivitalizzare la fiducia che Dio ha da sempre in ogni creatura. Le prime confessioni di fede della comunità cristiana indicano chiaramente che il contenuto della fede è Gesù: Egli è il Cristo; è il Signore, è il Figlio di Dio. Il teologo Kasper sintetizzava così la sua professione di Fede: “L’agire di Dio attraverso la persona e la storia di Gesù Cristo è il centro della fede cristiana. Ogni predicazione posteriore è rimandata a questo centro, lo deve esplicitare e riattualizzare».


SAN TOMMASO APOSTOLO OGGI 3 LUGLIO/ Scetticismo come seme per l ...

Fratelli, voi non siete più stranieri n ospiti,

ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 

edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, come

 pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù'


Riflessione

Oggi è la festa di San Tommaso e il vangelo ci parla dell'incontro di Gesù risorto con l'apostolo che voleva vedere per credere. Per questo molti lo chiamano Tommaso, l'incredulo. In realtà il messaggio di questo vangelo è ben diverso. E' molto più profondo ed attuale.



Per un confronto personale

Nella società di oggi le divergenze e le tensioni di razza, di classe, di religione, di genere e di cultura sono enormi e crescono ogni giorno. Come svolgere oggi la missione di riconciliazione?
Nella tua comunità e nella tua famiglia c'è qualche granello di senape, segno di una società riconciliata?



Preghiera finale

Lodate il Signore, popoli tutti,
voi tutte, nazioni, dategli gloria.
Forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura in eterno. (Sal 116)