venerdì 2 aprile 2021

Vangelo - Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

 S. Francesco da Paola; S. Abbondio


GiovanniVENERDI’ SANTO – P


Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni


Gv 18,1-19,42

In questo giorno e nel giorno seguente, la Chiesa, per antichissima tradizione, non celebra l'Eucaristia. L'altare è interamente spoglio: senza croce, senza candelieri e senza tovaglie. Nelle ore pomeridiane di questo giorno, e precisamente verso le tre - a meno che, per motivi pastorali, non si ritenga opportuno spostare l'orario a più tardi - ha luogo la celebrazione della Passione del Signore.



 
PREGHIERA DEL MATTINO
O Gesù, nell'ultima Cena, che ieri sera abbiamo commemorato, hai pregato perché la tua Chiesa fosse una. Donaci di poter dire con cuore ardente: "Sia fatta la tua volontà". Fa' che possiamo davvero essere un solo Pane, un solo Corpo, grazie alla forza di questo santo Sacramento dell'unità. Attiraci a te, principe della pace e dell'unità. Fa' che nell'ultimo giorno di questo mondo, quando non vi saranno più sacramenti, ci presentiamo a te come una cosa sola con tutta la tua Chiesa celeste, una cosa sola con tutti i tuoi santi in un amore senza fine, una cosa sola con la Trinità, nell'unità perfetta. Amen.

 

ORAZIONE

Ricordati, Padre, della tua misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia, per la quale Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

 

PRIMA LETTURA


Egli è stato trafitto per le nostre colpe.

Dal libro del profeta Isaia 52,13- 53,12

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

Parola di Dio.

 


(Dal Salmo 30)


R. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,

mai sarò deluso;

difendimi per la tua giustizia.

Alle tue mani affido il mio spirito;

tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele. R.

Sono il rifiuto dei miei nemici

e persino dei miei vicini,

il terrore dei miei conoscenti;

chi mi vede per strada mi sfugge.

Sono come un morto, lontano dal cuore;

sono come un coccio da gettare. R.

Ma io confido in te, Signore;

dico: «Tu sei il mio Dio,

i miei giorni sono nelle tue mani».

Liberami dalla mano dei miei nemici

e dai miei persecutori. R.

Sul tuo servo fa' splendere il tuo volto,

salvami per la tua misericordia.

Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,

voi tutti che sperate nel Signore. R.


 




SECONDA LETTURA
Cristo imparò l'obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.
Dalla lettera agli Ebrei 4,14-16; 5,7-9
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. [Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
Parola di Dio.



 

CANTO AL VANGELO  (cf. Fil 2,8-9)
Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Gloria e lode a te, Cristo Signore!




VANGELO 
Passione del Signore.
+ Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni Gv 18,1- 19,42
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io.! Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?». Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote. Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire. Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!». Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande». Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: "Il re dei Giudei", ma: "Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei"». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto». I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa)

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto». Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Parola del Signore.


OMELIA


La più grande lezione che Gesù ci dà nella passione, consiste nell'insegnarci che ci possono essere sofferenze, vissute nell'amore, che glorificano il Padre. Spesso, è la "tentazione" di fronte alla sofferenza che ci impedisce di fare progressi nella nostra vita cristiana. Tendiamo infatti a credere che la sofferenza è sempre da evitare, che non può esserci una sofferenza "santa". Questo perché non abbiamo ancora sufficientemente fatto prova dell'amore infinito di Dio, perché lo Spirito Santo non ci ha ancora fatto entrare nel cuore di Gesù. Non possiamo immaginarci, senza lo Spirito Santo, come possa esistere un amore più forte della morte, non un amore che impedisca la morte, ma un amore in grado di santificare la morte, di pervaderla, di fare in modo che esista una morte "santa": la morte di Gesù e tutte le morti che sono unite alla sua. Gesù può, a volte, farci conoscere le sofferenze della sua agonia per farci capire che dobbiamo accettarle, non fuggirle. Egli ci chiede di avere il coraggio di rimanere con lui: finché non avremo questo coraggio, non potremo trovare la pace del suo amore. Nel cuore di Gesù c'è un'unione perfetta fra amore e sofferenza: l'hanno capito i santi che hanno provato gioia nella sofferenza che li avvicinava a Gesù. Chiediamo umilmente a Gesù di concederci di essere pronti, quando egli lo vorrà, a condividere le sue sofferenze. Non cerchiamo di immaginarle prima, ma, se non ci sentiamo pronti a viverle ora, preghiamo per coloro ai quali Gesù chiede di viverle, coloro che continuano la missione di Maria: sono più deboli e hanno soprattutto bisogno di essere sostenuti.

 

PREGHIERA UNIVERSALE


I. Per la santa Chiesa

Preghiamo, fratelli carissimi, per la santa Chiesa di Dio:

il Signore le conceda unità e pace,

la protegga su tutta la terra,

e doni a noi, in una vita serena e tranquilla,

di render gloria a Dio Padre onnipotente.

 

Dio onnipotente ed eterno,

che hai rivelato in Cristo la tua gloria a tutte le genti,

custodisci l'opera della tua misericordia,

perché la tua Chiesa, diffusa su tutta la terra,

perseveri con saldezza di fede

nella confessione del tuo nome.

Per Cristo nostro Signore.




 

Per il nostro Papa Francesco


Preghiamo il Signore per il nostro santo padre il papa

il Signore Dio nostro,

che lo ha scelto nell'ordine episcopale,

gli conceda vita e salute

e lo conservi alla sua santa Chiesa,

come guida e pastore del popolo santo di Dio.

 

Dio onnipotente ed eterno,

sapienza che regge l'universo,

ascolta la tua famiglia in preghiera,

e custodisci con la tua bontà

il Papa che tu hai scelto per noi,

perché il popolo cristiano,

da te affidato alla sua guida pastorale,

progredisca sempre nella fede.

Per Cristo nostro Signore.

 

III. Per tutti gli ordini sacri e per tutti i fedeli

Preghiamo per il nostro vescovo N.,

per tutti i vescovi,

i presbiteri e i diaconi,

per tutti coloro che svolgono un ministero nella Chiesa

e per tutto il popolo di Dio.

 

Dio onnipotente ed eterno

che con il tuo Spirito guidi e santifichi

tutto il corpo della Chiesa,

accogli le preghiere che ti rivolgiamo,

perché secondo il dono della tua grazia

tutti i membri della comunità

nel loro ordine e grado

ti possano fedelmente servire.

Per Cristo nostro Signore.





 

IV. Per i catecumeni

Preghiamo per i [nostri] catecumeni:

il Signore Dio nostro

illumini i loro cuori

e apra loro la porta della sua misericordia,

perché mediante l'acqua del battesimo

ricevano il perdono di tutti i peccati

e siano incorporati in Cristo Gesù,

nostro Signore.

 

Dio onnipotente ed eterno,

che rendi la tua Chiesa sempre feconda di nuovi figli,

aumenta nei [nostri] catecumeni

l'intelligenza della fede,

perché, nati a vita nuova nel fonte battesimale,

siano accolti fra i tuoi figli di adozione.

Per Cristo nostro Signore.

 

V. Per l'unità dei cristiani

Preghiamo per tutti i fratelli che credono in Cristo:

il Signore Dio nostro conceda loro

di vivere la verità che professano

e li raduni e li custodisca

nell'unica sua Chiesa.

 

Dio onnipotente ed eterno,

che riunisci i dispersi

e li custodisci nell'unità,

guarda benigno al gregge del tuo Figlio,

perché coloro che sono stati consacrati

da un solo Battesimo

formino una sola famiglia

nel vincolo dell'amore e della vera fede.

Per Cristo nostro Signore.

 

VI. Per gli Ebrei

Preghiamo per gli Ebrei:

il Signore Dio nostro,

che li scelse primi fra tutti gli uomini

ad accogliere la sua parola,

li aiuti a progredire sempre

nell'amore del suo nome

e nella fedeltà alla sua alleanza.

 

Dio onnipotente ed eterno,

che hai fatto le tue promesse

ad Abramo e alla sua discendenza,

ascolta la preghiera della tua Chiesa,

perché il popolo primogenito della tua alleanza

possa giungere alla pienezza della redenzione.

Per Cristo nostro Signore.

 

VII. Per i non cristiani

Preghiamo per coloro che non credono in Cristo,

perché, illuminati dallo Spirito Santo,

possano entrare anch'essi

nella via della salvezza.

 

Dio onnipotente ed eterno,

fa' che gli uomini che non conoscono il Cristo

possano conoscere la verità

camminando alla tua presenza in sincerità di cuore,

e a noi tuoi fedeli concedi di entrare profondamente

nel tuo mistero di salvezza

e di viverlo con una carità sempre più grande tra noi,

per dare al mondo

una testimonianza credibile del tuo amore.

Per Cristo nostro Signore.

 

VIII. Per coloro che non credono in Dio

Preghiamo per coloro che non credono in Dio,

perché, vivendo con bontà

e rettitudine di cuore,

giungano alla conoscenza del Dio vero.

 

Dio onnipotente ed eterno,

tu hai messo nel cuore degli uomini

una così profonda nostalgia di te,

che solo quando ti trovano hanno pace:

fa' che, al di là di ogni ostacolo,

tutti riconoscano i segni della tua bontà

e, stimolati dalla testimonianza della nostra vita,

abbiano la gioia di credere in te,

unico vero Dio e padre di tutti gli uomini.

Per Cristo nostro Signore.

 

IX. Per i governanti

Preghiamo per coloro che sono chiamati

a governare la comunità civile,

perché il Signore Dio nostro

illumini la loro mente e il loro cuore

a cercare il bene comune

nella vera libertà e nella vera pace.

 

Dio onnipotente ed eterno,

nelle tue mani sono le speranze degli uomini

e i diritti di ogni popolo:

assisti con la tua sapienza coloro che ci governano,

perché, con il tuo aiuto,

promuovano su tutta la terra

una pace duratura,

il progresso sociale e la libertà religiosa.

Per Cristo nostro Signore.

 

X. Per i tribolati

Preghiamo, fratelli carissimi,

Dio Padre onnipotente,

perché liberi il mondo da ogni disordine:

allontani le malattie, scacci la fame,

renda libertà ai prigionieri, giustizia agli oppressi,

conceda sicurezza a chi viaggia,

il ritorno ai lontani da casa,

la salute agli ammalati, ai morenti la salvezza eterna.

 

Dio onnipotente ed eterno,

conforto degli afflitti,

sostegno dei tribolati,

ascolta il grido dell'umanità sofferente,

perché tutti si rallegrino

di avere ricevuto nelle loro necessità

il soccorso della tua misericordia.

Per Cristo nostro Signore.

 

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE

Dio onnipotente ed eterno, che hai rinnovato il mondo con la gloriosa morte e risurrezione del tuo Cristo, conserva in noi l'opera della tua misericordia, perché la partecipazione a questo grande mistero ci consacri per sempre al tuo servizio. Per Cristo nostro Signore.

 

ORAZIONE SUL POPOLO

Scenda, o Padre, la tua benedizione su questo popolo, che ha commemorato la morte del tuo Figlio nella speranza di risorgere con lui; venga il perdono e la consolazione, si accresca la fede, si rafforzi la certezza nella redenzione eterna.

 

PREGHIERA DELLA SERA

"Questa sera, Signore, noi vogliamo vegliare con te, contemplare la tua passione, per penetrare nel mistero del tuo amore infinito per noi. Prepara il nostro cuore ad accogliere il mistero della croce, metti in noi lo spirito di grazia, di supplica e di compunzione per i nostri peccati e per i peccati di tutta l'umanità. O Maria, tu che hai vissuto con il tuo Figlio la sua agonia e la sua morte, donaci di piangere con te, un pianto che non cessi mai e che irrori continuamente il terreno dell'anima, rendendo molli le zolle indurite del nostro cuore".

 

 




VIA CRUCIS

 

Prima stazione: Gesù è condannato a morte

IL PADRE: O mio popolo, o figlio mio, tu percuoti le labbra che cercavano la tua anima e vuoi

uccidere la Vita e mettere a morte l'Amore. Tu istituisci un tribunale per giudicare la Giustizia,

oscuri la Luce e percuoti con le verghe la sola carne veramente casta del Figlio dell'uomo, e leghi

le mani del Creatore come se temessi il suo abbraccio.

 

L'ANIMA: Sono diventato un figlio delle tenebre colpendo le palpebre del Sole nascente venuto

a visitarci. Ho condannato il mio Salvatore e ho lasciato inaridire la fonte della mia vita. Pietà,

Signore, perdona nella tua grande misericordia l'umanità che cerca di sbarazzarsi del suo solo

mezzo di salvezza. Liberaci attraverso il sangue di colui che abbiamo messo in catene.

 

GESÙ: Tu sia benedetto, Padre, per la potenza del tuo amore che mi ha restituito il giudizio e

mi ha permesso di prendere su di me la condanna che pesava sul genere umano. Ti benedico

per la gloriosa libertà dei tuoi figli, acquisita attraverso la vittoria riportata sulle potenze delle

tenebre.

 

Seconda stazione: Gesù è caricato della croce

IL PADRE: Figlio mio, mio Unico, mio Prediletto, al quale tengo infinitamente più di quanto non

potesse tenere Abramo ad Isacco, ecco che giunge a me la domanda del figlio che portava sulle

spalle il legno del suo olocausto: "Dov'è l'agnello del sacrificio?". Figlio mio, mio Amore, tu sei

la risposta che lo spirito suggerì ad Abramo: "Dio provvederà". Tu sei la fine di ogni fatalità e

di ogni maledizione.

 

L'ANIMA: Ho tagliato, nella mia follia di figlio rabbioso e infelice, l'albero che Dio aveva piantato

al centro del giardino. L'albero della vita io l'ho maledetto, ed eccolo ora come strumento di

morte sulle spalle di colui le cui membra porteranno i frutti della vita e faranno di questo luogo

di tormenti un nuovo Eden.

 

GESÙ: Ho tolto la trave che era nel tuo occhio, e lo splendore di ciò che tu ora percepisci ti

rende cieco. Sii paziente in questa prova, caricati della mia croce, essa ti condurrà; tu vedrai che

l'amore alleggerisce il giogo di chiunque si affidi alla mia scuola, vedrai come è dolce il fardello

di colui che porta gli altri, di colui che porta i poveri. E perciò egli porta Dio, porta il mondo.

 

Terza stazione: Gesù cade per la prima volta

IL PADRE: Spargerò la mia sapienza come un vento impetuoso e folle per confondere la sapienza

dei saggi, e spargerò una debolezza nuova e santa che confonderà la forza dei potenti. Ecco la

mia saggezza, ecco la follia dell'amore che bacia la polvere dalla quale ho creato gli uomini. Ecco

la mia debolezza, e la potenza della mia umiltà: voi non avete voluto tornare a me e il vostro

Dio si è convertito alla vostra natura umana, ma ormai è nella polvere che noi abbiamo

appuntamento.

 

L'ANIMA: Non posso sopportare di vederti cadere come un idolo di pietra. Mi sembra di

osservare la mia propria caduta, e non posso sopportarlo. Le tue mani sono legate alla trave e

tu cadi senza poter proteggere il Santo Volto. Insegnami il vero abbandono, insegnami a non

cercare di attutire le mie cadute con l'autogiustificazione. Insegnami a prendere su di me la

violenza dell'umiliazione, perché crescano in me la dolcezza e l'umiltà.

 

MARIA: È caduto mio Figlio, è caduto il mio piccolo Bambino, è caduto come quando gli

insegnavo a camminare nella polvere delle vie di Nazaret. E oggi una nuova umanità fa i suoi

primi passi e cade, e sa subito rialzarsi poiché non conta più sulla sua forza ma su quella di Dio.

Essa tace e benedice silenziosamente i suoi carnefici, poiché non è più essa che vive, è mio Figlio

che vive in essa come ha vissuto in me.

 

Quarta stazione: Gesù incontra sua Madre

IL PADRE: Mio popolo, la tua miseria mi sconvolge più dei tuoi peccati, è arrivato a me il grido

che non posso contenere: "Consolate, consolate il mio popolo". E ciò che nessun profeta ha

potuto fare, lo fa una giovinetta. Tra le figlie di Eva, ella ha trovato grazia ai miei occhi; ecco la

Sposa del Consolatore. E, attraverso di lei, io consolo mio Figlio che porta l'afflizione del mondo.

 

L'ANIMA: Maria, che fa tuo Figlio? Perché cammina verso la morte? Resti con noi, poiché si è

levata una nube e le tenebre presto oscureranno la terra. Donna, chi sei tu perché egli ti guardi

così, che cosa c'è tra te e lui? È il tuo sguardo di dolore e di forza, di gioia segreta e di agonia

misteriosa e le vostre anime che si toccano e si appoggiano l'una all'altra, e si riposano e

comunicano alle radici della sofferenza! È mai esistita una tale intima unione tra l'uomo e la

donna?

 

GESÙ: O Madre, tu sei venuta, attratta dalla mia umanità divina come lo era Davide dall'arca

dell'Alleanza. Tu mi cercavi nella città come la fidanzata tra le guardie. Tu mi hai trovato, amata

dalla mia anima, e il tuo sguardo trafigge il mio cuore con la sicurezza della lancia del soldato,

e io so che nel vedermi il tuo cuore è già trafitto, e si unisce perfettamente al mio.

 

Quinta stazione: Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la sua croce

IL PADRE: Miei piccoli figli, miei poveri figli, volevo sinceramente che voi viveste nel mio amore

e nella condivisione della mia gioia, ed ecco salire grida di dolore, gemiti di sorde sofferenze,




Venerdì della Settimana Santa – Passione di Nostro Signore Gesù Cristo – P

Meditazione sul Vangelo di Gv 18,1-19,42

Il frutto del dolore.

Tutta la liturgia della parola ci parla di dolore. Nell’Antico Testamento il dolore era considerato un castigo; in seguito, venne tollerato o accettato passivamente: questo è l’insegnamento di Giobbe. Il Servo del Signore ci offre una visione più positiva della sofferenza: l’innocente che soffre per gli altri. In questa prospettiva vediamo i dolori di Gesù: il nuovo Servo Sofferente. I suoi tormenti acquistano un valore redentore universale: egli si fa carico di tutti i nostri dolori e così li trasforma in frutti di salvezza.

Il dolore ha nel mondo diritto di cittadinanza fin dalle prime pagine del vangelo; è insito nella natura umana. Il dolore è compagno inseparabile di ognuno di noi. Ci sono tanti modi di soffrire: dolori fisici, dolori morali, dolori affettivi… “Il dolore – ha detto Giovanni Paolo II – è una realtà misteriosa e sconcertante”. Tutte le argomentazioni vengono meno di fronte alla drammaticità della sofferenza umana. Il dramma del dolore si rischiara solamente alla luce della croce di Cristo. La malattia, vissuta per amore di Dio, è un mezzo di santificazione, di apostolato e di partecipazione alla Croce redentrice del Signore. Per chi crede in Cristo – diceva Paolo VI – le pene ed i dolori della vita presente sono segni cli grazia e non di disgrazia, sono prove dell’infinita benevolenza di Dio che porta avanti quel disegno di amore, secondo il quale, come dice Gesù, il tralcio che dà frutto il Padre lo poterà affinché dia più frutto. Anche Maria soffrì ai piedi della Croce. Non fu un soffrire “romantico”. Fu un dolore reale, come nessun’altra creatura ha potuto sopportare. Partecipò in prima persona del dolore del divin Figlio. Il frutto dei nostri dolori ci vale come purificazione e merito, e Dio, per il dolore del Figlio suo, ci dona la sua benedizione.




“Andiamo sotto quella croce a farci nascere speranza: perché quello che vediamo piagato e disprezzato non resta cadavere, ma trionfa sulla morte e dona vita piena: quella croce è segno di speranza e sconfigge ogni altra croce della nostra vita e ogni violenza che rappresenta”.
S.E. Mons. Domenico Sigalini – Vescovo Diocesi di Palestrina (Roma)







giovedì 11 marzo 2021

Dal Vangelo - Videro dove dimorava e rimasero con lui.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI 
( 1,35-42 )


Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà




PREGHIERA DEL MATTINO

Signore Gesù, ti prego: fa' che oggi ti incontri sulla mia strada; fa' che il tuo amore mi cambi; fa' che ti segua ovunque tu mi conduci; fa' che comunichi agli altri la letizia e la speranza che tu fai sorgere in me. Donami di essere docile alla tua chiamata. Donami di risponderti con tutte le forze, senza riserve e per sempre.



PRIMA LETTURA

Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

Dal primo libro di Samuele 1Sam 3,3b-10.19

In quei giorni, Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

Parola di Dio.


 

SECONDA LETTURA

I vostri corpi sono membra di Cristo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1Cor 6,13c-15a.17-20

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Parola di Dio.




CANTO AL VANGELO (Gv 1,41.17b)

R. Alleluia, alleluia.
"Abbiamo trovato il Messia":
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
R. Alleluia.




VANGELO

Videro dove dimorava e rimasero con lui.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Parola del Signore.

 

OMELIA


Come esseri umani e ancor più come credenti dovremmo orientare tutta la nostra vita in una continua, assidua ed incessante ricerca di Dio. Trovarlo e conoscerlo dovrebbe essere lo scopo primario della nostra vita. Dal Vangelo e da tutta la scrittura sacra apprendiamo che prima ancora che noi ci muoviamo verso di Lui, egli è già alla nostra ricerca. Gesù, additato da Giovanni battista come l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo, suscita immediatamente l'attenzione di uno dei discepoli del battezzatore. È Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli si mette senza esitazione alla sequela di Cristo. Ha creduto alla testimonianza del suo primo maestro ed è sicuro ormai che l'Agnello di Dio e il Messia atteso. La buona notizia, il felice incontro non può essere taciuto; il neodiscepolo si trasforma subito in testimone. Incontra il fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia che significa Cristo e lo condusse da Gesù». Ecco un bell'esempio per ognuno di noi che ci diciamo cristiani: dopo aver incontrato e conosciuto Cristo dobbiamo impegnarci attivamente con la genuinità della nostra testimonianza, a condurre da lui i nostri fratelli. Questa è la vocazione del credente: assumere gli insegnamenti del Signore, viverli coerentemente, farli diventare testimonianza ed esempio per gli altri. Non basta quindi dire «Eccomi, Signore, parla che il tuo servo ti ascolta» come afferma Samuele, chiamato dal Signore, occorre che dopo la chiamata orienti tutta la vita in conformità all'invito ricevuto. Una delle più belle espressioni della nostra fede, una delle migliori conseguenze derivanti dall'aver trovato Cristo, è proprio l'impegno di farlo conoscere ad altri. Per secoli la chiesa ha intessuto una splendida catena di trasmissione mediante la quale, dagli apostoli fino a nostri giorni, il messaggio di Cristo si è diffuso e si diffonde ancora in tutto il mondo. Quando questa catena s'inceppa ne soffre la chiesa, che viene così meno al suo primario dovere di essere missionaria con tutti i suoi membri. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha fatto riscoprire questo ruolo anche ai laici, chiedendo loro un apporto più incisivo nella vita della chiesa. Forse per troppo tempo l'annuncio è stato ritenuto una prerogativa quasi esclusiva dei preti e dei religiosi. La chiesa ha urgente bisogno di testimoni autentici e numerosi e nessun fedele può ritenersi dispensato o escluso.

(Padri Silvestrini)





PREGHIERA


Concedi a noi tuoi fedeli, Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri perché, ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio, si compie l'opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore.


Giovanni Battista vide Gesù e disse: "Ecco l'Agnello di Dio!". E i discepoli seguirono Gesù. (Gv 1,36-37)

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l'unico pane di vita formiamo un cuor solo e un'anima sola. Per Cristo nostro Signore.


MEDITAZIONE


Questa domenica, la parola di Dio ci fa percepire le armoniche della nostra salvezza: la Chiesa, tempio e corpo di Cristo; Cristo stesso dimora di Dio; noi stessi, esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio, templi dello Spirito nel nostro corpo mortale. Da questo triplice mistero della dimora di Dio fra gli uomini nella Chiesa, in Cristo, nel nostro corpo, riceviamo una luce su una questione decisiva per la nostra epoca, la cui attualità non vi sfuggirà: Che cos'è, in fondo, l'uomo? Che cos'è un uomo nella sua condizione corporale? Oggi che il nostro grande sapere e potere sulla genetica umana ci fanno brancolare nel buio, come ciechi, perché non sappiamo più che cosa, in questo ammasso di carne che l'uomo manipola e domina, sia umano e che cosa non lo sia. Oggi che i progressi dell'intelligenza umana nella comprensione della sua condizione pongono interrogativi inquietanti. Oggi che la luce divina sulla condizione umana è indispensabile per salvare ciò che deve essere salvato della dignità dell'uomo e della sua esistenza. La Chiesa, Cristo, l'uomo e il suo corpo si richiamano l'un l'altro. Ne sono convinto: il modo in cui oggi trattiamo la Chiesa è il segno del modo in cui oggi trattiamo Cristo; e il modo in cui trattiamo Cristo è la prova della maniera in cui trattiamo noi stessi. L'ultima frase che ho letto dal Vangelo, la dichiarazione di Gesù a Simone, figlio di Giovanni, mi spinge a partire da questa considerazione. Gesù, fin da questo primo incontro, si associa nel suo compito, nella sua missione, i suoi compagni e li sceglie senza indugio. Cambia il nome di Simone e gli impone il nome aramaico "Cefa", Pietro. In quel momento Gesù riceve dal Padre suo la "pietra" di fondazione del tempio spirituale, della dimora di Dio promessa al compimento dei tempi. Idea e immagine costanti nell'Antico Testamento e nel messaggio di Gesù. Si tratta di un tempio vivente, fatto di "pietre vive", perché siamo noi a costituirlo. La sua unità, pienezza e coesione, è realizzata dallo Spirito Santo che ci ha scelti e che non solo ci dà la coesione di un edificio, l'entità di un corpo unito, ma fa di noi tutti il tempio vivente e santo di Dio. La Chiesa è questa costruzione fondata sugli apostoli, le dodici colonne della Chiesa, come dicono le Scritture (Gal 2,9) ed è il luogo in cui dimora la gloria di Dio. Ormai, nessun edificio umano avrà la stessa grandezza, la stessa pienezza, la stessa storia della nuova dimora edificata dallo Spirito Santo. Perché i templi, anche il Tempio santo di Gerusalemme, dove risiede la gloria di Dio al di sopra dei cherubini, secondo la visione del profeta Isaia, questi templi costruiti dalla mano dell'uomo sono, per definizione, templi finiti la cui perfezione stessa è riflesso dell'intelligenza umana, che non può concepire le cose se non a sua misura. Questo edificio in cui ci troviamo, e che ha una sua bellezza affascinante, la riceve in parte dal fatto che la nostra intelligenza, spinta al di là dei nostri sguardi, trova intuitivamente, proprio in questo spazio limitato, la sicurezza di uno spazio che abbiamo costruito noi, e che noi possiamo delimitare in quanto non fissato per sempre, anche se i limiti stimolano indefinitivamente la nostra sensibilità e se, ad ogni passo, ad ogni sguardo, intravediamo sempre nuovi aspetti. Ora, caratteristica peculiare del tempio che Dio costruisce con quelle pietre viventi che sono le nostre vite, è il fatto che nessuno può farne il progetto se non Dio stesso; nessuno può dargli coesione se non lo Spirito che vi dimora. La sua costruzione sarà terminata solo al termine della storia; poiché si aggiungono sempre nuove pietre. Al punto che questo edificio è paragonato a un corpo in crescita; al punto che, corpo costituito da uomini che fanno parte di questa creazione, esso ottiene la sua perfezione dall'amore infinito di Dio che lo abita e lo costruisce. Non ha nessun'altra misura se non il progetto dell'amore infinito. Al punto che lo splendore del tempio spirituale, "non costruito dalla mano dell'uomo", che è la Chiesa, ci sfugge, mentre di un edificio di pietra percepiamo la bellezza con i nostri occhi, le nostre mani, i nostri sensi. Infatti questo tempio comprende non solo gli uomini che sono oggi sulla terra, ma anche, altrettanto vivi e presenti, tutti quelli che, innumerevoli e sconosciuti, sono stati presi dalla morte e vivono con Cristo. Altrettanto presenti e, anzi, per il peso della loro vita e del loro amore, ancora più presenti degli esseri che oggi affollano questo suolo e parlano con una voce umana. Esso comprende infine, nella speranza, la folla immensa degli uomini e delle donne che Dio ama e che, al di là di quello che possiamo saperne, egli chiama e riunisce per costituire questo tempio spirituale che è la Chiesa, vera e propria dimora di Dio. Così, a partire da questo episodio narrato dal Vangelo di san Giovanni, i discepoli vengono ad abitare con Cristo, nella casa di Cristo, la cui dimora è il tempio di Dio, la casa di suo Padre. Ora, la maniera stessa in cui noi, cristiani, consideriamo il tempio spirituale che Cristo riceve e che Dio costruisce con le pietre viventi, che siamo noi, per costruire la Chiesa, ci permette di essere testimoni di una realtà ancora più concreta: il tempio che è il "corpo di Gesù". Perché, secondo un'altra immagine usata da Cristo, noi costituiamo il suo corpo. San Giovanni ce lo fa capire quando ci riferisce, prima della passione, questa sfida enigmatica di Gesù davanti al tempio di Gerusalemme: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2,19). Proposito provocatorio e assurdo alle orecchie dei suoi uditori, incomprensibile - almeno nell'immediato - per i discepoli; dice infatti l'evangelista: "Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù". Egli parlava dunque del suo proprio corpo che, per amore nei nostri confronti, si immerge nella nostra morte per darci la vita. In che modo adoriamo e amiamo questo corpo infinitamente santo del Verbo di Dio che si è fatto carne, nel grembo della Vergine Maria, unigenito Figlio di Dio fatto uomo, figlio di Adamo che noi riconosciamo come nostro fratello: mistero stesso della presenza, nella nostra umanità, del Dio inconoscibile e infinito rivelato nel suo Figlio? Corpo di Cristo offertosi per noi, nostro cibo nel sacramento eucaristico, sangue versato per riscattarci - a quale prezzo - dai nostri peccati, sorgente di risurrezione e di vita divina in noi. Corpo di Cristo nostro fratello, figlio di Abramo; corpo di Cristo, Verbo eterno, Figlio di Dio, da cui noi siamo resi divini e in cui noi possiamo diventare figli di Dio. Vita divina presente nell'umanità che sottrae la condizione umana non solo alla sua debolezza mortale, ma anche alla sua perdita e che le dà la comunione con Dio, vita eterna. Sì, come noi trattiamo la Chiesa, trattiamo Cristo: prova infallibile della verità della nostra fede in Cristo. Chi disprezza questo corpo che noi costituiamo come dimora divina di Dio e dello Spirito - la Chiesa corpo di Cristo che ne è il capo - non può dire di credere realmente che il corpo di Gesù, nato dalla Vergine Maria, sia il corpo del Figlio di Dio. La prova della fede in Cristo, Dio e uomo, è la nostra fede nella presenza divina dello Spirito in questo corpo di Cristo che noi formiamo. Forse pensate che siamo ancora all'interno di quello stretto cerchio in cui la fede è una luce che illumina soltanto la logica dell'amore con il quale il credente si appresta a seguire, capire e conoscere Cristo. Forse pensate che questa meditazione, in fondo, non ha senso se non per il discepolo di Gesù e non ha nessun'altra validità. Ora, in questi due misteri (corpo di Gesù nato dalla Vergine Maria e corpo ecclesiale di Cristo) è racchiusa la salvezza dell'uomo. Quale salvezza? Da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da molte cose, ahimé! Ma vengo al punto preciso su cui vorrei che terminassimo la nostra meditazione. Noi dobbiamo essere salvati dalla nostra propria distruzione. Dobbiamo essere salvati dal rifiuto, al quale siamo quasi fatalmente spinti, di considerare la divina grandezza dell'uomo in generale e di ogni uomo in particolare. In effetti, quando la ragione umana, che è riflesso dell'intelligenza

divina e dono di Dio, non si percepisce più come ricevuta da Dio e si appunta, in modo sovrano ed efficace, sulla nostra condizione storico-corporale per cercare di sapere che cos'è un essere umano, all'improvviso non sa più cosa dire. Chi è un essere umano? L'embrione è un essere umano? Il vecchio o il malato che non è più padrone dei suoi gesti è un essere umano? Il nemico è un essere umano? L'uomo diverso da noi, di cui abbiamo paura e che definiamo selvaggio, è un essere umano? Chi è definito "deviante" è un essere umano? Chi è detto pazzo è un essere umano? Chi è disprezzato da tutti perché creduto perverso, e forse lo è, è un essere umano? Chi deciderà che cos'è l'uomo? Chi deciderà chi è un uomo? Perché rispettare di più questo fragile ammasso di cellule piuttosto che un altro qualsiasi ammasso di cellule provenienti da un altro qualsiasi essere vivente? Quali argomentazioni portare a favore? Come dare delle leggi su ciò? Come comprendere, pur essendo così sapienti e avendo tanto potere, quale rispetto sia dovuto all'uomo e chi meriti questo rispetto incondizionato? Io non pretendo di entrare qui in un ambito in cui i ricercatori, i giuristi, gli uomini di sapere possono esercitare la loro sagacia. Io vi parlo come apostolo di Gesù Cristo, come testimone della parola di Dio, incaricato della salvezza dell'uomo. Vedete da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Da questa falsa sapienza che potrebbe condurre l'uomo a non sapere più chi sia. Ora, ecco il "più" che noi siamo: il tempio di Dio, ciascuno, nella nostra condizione corporale. "Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo", dice san Paolo (1Cor 6,19), facendo eco alle parole di Gesù: "Se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio" (Gv 3,3), se non rinasce cioè da Dio, dallo Spirito. Noi siamo il tempio dello Spirito Santo come la Chiesa corpo di Cristo, come Cristo nato dalla Vergine Maria, Figlio eterno di Dio. Ognuno di noi, il più disprezzato come il più famoso, il più grande come il più debole, il più degno agli occhi degli uomini come il più indegno, il più diverso da noi, comunque egli sia, in punto di morte o non ancora nato, insomma ogni essere che appartenga alla condizione umana è infinitamente sacro, perché è la dimora di Dio fra gli uomini, e deve essere trattato con il rispetto infinitamente sacro del nostro Creatore e Redentore. Ogni essere che appartenga alla nostra specie è chiamato a essere ed è il tempio e la dimora di Dio. Certo noi siamo peccatori, accecati fino all'omicidio, che è il primo peccato dei figli di Adamo. Omicidio, cioè fratricidio, quando Caino uccide suo fratello Abele. Ma il mistero della redenzione di Cristo che assume i nostri peccati e che, sulla croce, ci libera e ci strappa alla morte, è la misura più piena della liberazione e della salvezza che Dio vuole operare in noi. In Cristo nostro fratello, i fratelli nemici ricevono il comandamento di amarsi. Voi capite, amici miei, l'importanza profetica, parola umana che pronuncia la parola di Dio, l'importanza profetica, dico, di questo mistero del corpo ecclesiale, tempio di Dio, nel quale abita Cristo, la cui carne è quella della divinità del Verbo eterno e che fa di noi i templi dello Spirito Santo per ricordarci la nostra condizione divina. Noi dividiamo questa fede con i discepoli di Cristo, che sanno chi è il Padre, chi è il Figlio, chi è lo Spirito, e che credono in un solo Dio. Ma dal momento che, discepoli di Gesù, sappiamo che l'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è chiamato a essere il tempio dello Spirito Santo, noi sappiamo anche di dover difendere, con le armi della ragione, della libertà e del rispetto, la dignità divina e assoluta di ogni uomo, di ogni essere umano. Non come un'opinione privata, ma come una certezza che si basi sulla nostra fede nell'amore del nostro Creatore e Padre. E per questo, noi dobbiamo "obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29). Con la stessa fedeltà di Gesù che ha offerto in sacrificio la sua vita per la nostra redenzione e per la nostra vita. È dunque una parola piena di speranza che oggi la Chiesa ci fa ascoltare; piena di forza, di bellezza, di rigore, per capire quale fatica, come quella del Redentore, sia quella dell'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo, come ci dice oggi il Vangelo che abbiamo ascoltato. Ma in questa fatica e in questa pena, guardate quale gioia ci è data perché la testimoniamo al mondo!

Card. JEAN-MARIE LUSTIGER



Domenica – 2.a Tempo Ordinario

Meditazione sul Vangelo di Gv 1,35-42

Riconoscere la voce di Dio.

Il tema della sequela semplice e totale si ripresenta nelle letture di questa domenica. Una volta riconosciuto il Signore, è forse possibile non seguirlo? Nel racconto della chiamata di Samuele e in quello dei primi due discepoli che seguono Gesù, è evidente anche un altro elemento. Queste persone giungono al riconoscimento e alla sequela attraverso l’indicazione del loro maestro. La voce di Dio è riconoscibile attraverso qualcuno che ne ha già fatto esperienza e ce la indica.

Leggendo questi due famosissimi episodi, abbiamo l’impressione di essere condotti alle sorgenti della storia cristiana e della nostra stessa vita, Ancora bambini, o giovani, o forse già grandi, non è accaduto sostanzialmente così anche a noi? Ricordiamo la nostra adesione al Signore, la scelta che ha determinato l’orientamento della nostra vita. Il nostro cuore era in attesa e in ricerca di un senso della vita, di un motivo per cui spendere le energie, di una meta verso la quale camminare, di una compagnia vera e significativa. Forse eravamo già in buona posizione e ben attestati, come i protagonisti delle letture di oggi: Samuele era già ospite del tempio, Giovanni e Andrea si erano già mossi verso il Battista. Può accadere, come nel caso di Matteo o Saulo o di tanti altri, di trovarsi in una posizione di estraneità e lontananza. All’orizzonte della vita

appare una novità: una voce, una presenza, un uomo, un richiamo. Quell’accento ci colpisce non a livello superficiale e puramente emotivo, ma dandoci la percezione profonda che lì si gioca il nostro destino. Come potremmo sottrarci? Forse siamo titubanti e incerti, come Samuele che non riconosce subito la voce, o come i due che camminano dietro a Gesù sul fiume Giordano senza avere il coraggio di farsi notare. E’ un momento sottile e delicato, un crinale che decide della direzione della vita. Se non fosse per l’evidenza dell’iniziativa di Dio, ci potremmo smarrire. La misericordia di Dio ci insegue, e ci troviamo a dire: “Parla Signore, che il tuo servo ti ascolta”; e acconsentiamo alla grazia di “stare con lui tutto questo giorno”. Una grazia che fiorisce nei giorni successivi, e insieme con noi coinvolge altre persone, come è accaduto nella missione di Samuele e già subito nell’incontro di Andrea con il fratello Simone.